
Cronaca / Lecco città
Sabato 17 Settembre 2016
Ragazzi a rischio, bisogna prevenire
Le insidie di internet: «Prevenire»
L’esperto, il dirigente della Squadra mobile si è trovato a gestire molti casi di immagini “private” diffuse in rete: «Diventare zimbello degli altri per uno scatto intimo che è diventato di pubblico dominio può rovinare per sempre»
«È completamente cambiato il modo di vivere l’affettività, la sessualità, e la nostra generazione non è preparata. Penso ai genitori ma anche a noi, forze dell’ordine. Di fronte a quel che accade restiamo spiazzati. Perché ai nostri tempi non era così, l’intimità veniva vissuta in modo discreto, nascosto oserei dire. Eppoi non siamo pronti a vedere nei nostri figli delle potenziali vittime. O anche dei potenziali carnefici».
Le due storie di cronaca che da qualche giorno rimbalzano su tv e giornali, lasciando sgomenta l’opinione pubblica, impongono una riflessione.
Il caso della giovane donna di Napoli che si è tolta la vita dopo mesi di gogna per un video intimo diffuso in rete dall’ex fidanzato e quello della ragazzina di Rimini violentata nel bagno di una discoteca e ripresa dalle amiche, pure minorenni, che non hanno trovato niente di meglio da fare che inviarle il video ai contatti di Whatsapp chiedono che ci si interroghi sull’uso, spesso superficiale quando non sconsiderato, che si fa della rete.
Tentativi di suicidio
Il dirigente della Squadra mobile cittadina, commissario capo Marco Cadeddu, è diventato giocoforza un esperto in materia, per essersi trovato alle prese, in prima persona, con casi molto simili.
Ricorda alcune indagini in modo particolare, Cadeddu, per immagini “spinte” diffuse attraverso i social network che avevano trasformato due ragazzine in zimbello dei coetanei, provocando reazioni estreme: prima l’autolesionismo, poi i tentativi di suicidio.
Casi datati ormai un paio d’anni fa, ma che «mi hanno convinto che fosse un mio dovere incontrare i ragazzi nelle scuole, metterli in guardia di fronte al pericolo di certi atteggiamenti. Un clic può rovinare la vita. Un’immagine inviata a qualcuno può essere potenzialmente vista dal mondo intero».
Proprio partendo dagli incontri nelle scuole e dalla convinzione che «c’è un sommerso molto ampio», l’anno scorso Cadeddu ha messo a punto un questionario diffuso a tappeto in tutte le superiori della città e della provincia. Poco meno di cinquemila studenti interpellati, 3.500 questionari sono stati restituiti compilati in modo tale da poter diventare materiale di studio.
Le risposte sono state sorprendenti: è infatti emerso che il 96% dei ragazzi ha a disposizione un accesso internet, quasi la totalità senza alcun filtro. L’85% ha dato risposta positiva alla domanda “Hai mai messo tue immagini in rete?” . Poi, addentrandosi un po’ di più nel tema d’interesse, sono “saltati fuori” dati contraddittori.
Ai ragazzi era stato chiesto se avessero mai postato loro immagini intime, il 90% ha risposto negativamente. Domanda incrociata, un tranello: “Conosci qualcuno che ha postato immagini intime?”. Il 50% ha risposto sì. Due dati che, evidentemente, stridono.
Formazione culturale
«Il mondo degli adulti deve interrogarsi - prosegue Cadeddu -. È fondamentale fare prevenzione, la repressione non serve perché quando diventa necessaria significa che si è già fallito. Non è difficile individuare il responsabile della diffusione di immagini, né averne tracciabilità a livello investigativo. Il problema è che ormai il danno è stato fatto e spesso può essere irreparabile. E non soltanto perché si tratta di una violazione della libertà personale, ma perché diventare zimbello degli altri per uno scatto intimo che è diventato di pubblico dominio può rovinare per sempre. Segna, a livello psicologico».
«È necessario partire dai ragazzi per fare formazione culturale - conclude Cadeddu -. È necessario spiegare loro che se eviti di mettere una foto un po’ intima in rete nessuno ti potrà mai deridere, ti potrà mai ricattare. Perché alla fine si tratta quasi sempre di immagini autoprodotte, inviare con superficialità all’amico del momento. Casi in cui siano state immesse sui social immagini “rubate” sono davvero residuali».
Il ricatto
Si parla di ragazzi ma i casi che la cronaca ci rimanda hanno a che fare anche con adulti. Come la barista di Napoli che si è uccisa per la vergogna, che aveva 31 anni.
«L’età più a rischio è evidentemente quella dei ragazzi, dai 13-14 anni in su- prosegue Cadeddu -. Ma nemmeno gli adulti sono immuni dai rischi di internet. Negli ultimi tempi stiamo ricevendo denunce, almeno una a settimana se devo dare un dato, di uomini, perlopiù quarantenni, che vengono ricattati da donne con le quali hanno fatto sesso virtuale con la videocamera. Si incontrano su una chat, una chat dedicata o più banalmente quella di un social network, iniziano a conoscersi, a un certo punto la donna chiede all’uomo di “esibirsi” per lei davanti alla telecamera. Puntualmente, dopo poco, arriva la richiesta di denaro per non divulgare il video in rete, ci è capitato che si chiedessero 5-6 mila euro. Un ricatto in piena regola, un fenomeno purtroppo sempre più diffuso».
«Non posso che invitare gli adulti a un uso consapevole della rete, per se stessi e per i propri figli - conclude Cadeddu -. Il consiglio è quello di non fare nella realtà virtuale quello che non si farebbe nel mondo reale. E i genitori non devono aver paura di controllare il cellulare dei loro figli, evitando che lo usino di notte oppure di nascosto».
Antonella Crippa
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