Rossi si commuove davanti alle vette del Nepal. «Mi ricordano il mio amico Lorenzo»

Lecco

Chi ha conosciuto l’indimenticabile scalatore lecchese Lorenzo Mazzoleni (1966-1996) può immaginare cosa abbia attraversato il pluricampione olimpionico Antonio Rossi sotto quelle montagne del Nepal che lo hanno strappato alla vita terrena per consegnarlo alla leggenda dell’alpinismo. «Mentre io vincevo le Olimpiadi – ha detto Rossi, commosso – Lui moriva». Consegnato al ricordo dei tanti che lo hanno apprezzato e gli hanno voluto bene – certo non solo per le sue straordinarie imprese alpinistiche – per la persona che era. Un ragazzo intrepido prima, un giovane uomo speciale poi, a cui piaceva giocare con le assonanze del proprio nome di battesimo (“Ciao Lorenzo...Ciao Renzo...Ciao Fiorenzo”, gli piaceva ripetere) e aggrapparsi alle cenge con quelle mani forti e ruvide, con quello sguardo dolce, sincero eppure deciso. Coraggioso. Di una intelligenza vivida mai sopra le righe.

Così, guardando l’ultima messa in onda l’altra sera dell’edizione 2025 del programma-tv “Pechino Express” - a cui il Bell’Antonio partecipa insieme all’amico “olimpico” Jury Chechi - non si è rimasti stupiti del ricordo toccante che l’ex campione olimpico di canoa ha rivolto all’altro sfortunato campione, grande amico di gioventù: Lorenzo. Proprio sotto quelle montagne che lo hanno portato via. «Guardando in lontananza le cime di queste meravigliose montagne – ha detto Antonio Rossi - penso a Lecco ed al fatto che da Lecco spesso sono partite spedizioni che hanno portato grandi gioie e aperto delle vie. Ed il mio pensiero va a Lorenzo (Mazzoleni) che proprio nel 1996, quando io ero ad Atlanta e vincevo col K2; negli stessi giorni perdeva la vita dopo averne raggiunto la vetta...»

Non aveva nemmeno 30 anni Lorenzo quel 29 luglio del 1996 quando – prendendo parte alla spedizione sul K2 coi suoi Ragni della Grignetta; in occasione del cinquantesimo anniversario di fondazione del gruppo - raggiunse la cima. Trovando poi la morte durante la discesa, scivolando in quello che da allora è conosciuto come il “Collo di Bottiglia”, probabilmente sul traverso che porta nell’imbuto di neve e ghiaccio. Il suo corpo non fu mai ritrovato, ma il 19 luglio dell’anno scorso i membri della spedizione K2-70 ne hanno rinvenuto lo zaino, lungo il ghiacciaio in direzione del campo base avanzato. Attrezzatura poi consegnata al Gilkey Memorial. Già nel 1986 (a 20 anni) Lorenzo aveva partecipato alla sua prima spedizione extraeuropea. Del 1988 sull’Himalaya il suo primo ottomila, il Cho Oyu. Nel 1992 la cima dell’Everest; e nel 1993 ecco l’Aconcagua, la vetta del Sud America. Poi, quel 29 luglio del ’96...

© RIPRODUZIONE RISERVATA