Sci / Sondrio e cintura
Sabato 22 Novembre 2025
«Sono una ragazza di montagna»: la Compagnoni si racconta ai microfoni di Sky
La campionessa di sci di Santa Caterina ai microfoni di Sky
Deborah è Buffa anche cotta ai Ferri. Splendida come quando trionfava in gara, a suo agio davanti alle telecamere come lo era fra le porte delle piste da sci, è stata una Deborah Compagnoni sontuosa quella che si è raccontata a Federico Buffa e al direttore di Sky, Federico Ferri nella punta di Talks all’Auditorium Fiera Milano ed in oda su Sky.
Un autentico Compagnoni show con Deborah che ha sfruttato le domande dei due grandi giornalisti come faceva con le porte sulle piste da sci per trovare traiettorie uniche ed inarrivabili per le altre. Performance che ora si chiamano risposte.
Il fenomeno rosa delle nevi nata il 4 giugno, un mese prima del personaggio di Tom Cruise, nato il celeberrimo 4 luglio, a 55 anni , dopo una carriera eccezionale, una vita che le ha dato altrettante gratificazioni anche al di fuori dalle gare, ha dimostrato ancora il sue essere naturalmente semplice, l’umiltà ed il sorriso di quella “ragazza di montagna” che è il titolo del suo libro nel quale racconta la sua vita dall’infanzia allo svilupparsi della carriera. Quella bambina che nei pensierini delle elementari aveva scritto che avrebbe voluto fare la professoressa di ginnastica oppure la guida alpina come il nonno ma il lavoro era riservato agli uomini e considerava lo sci un divertimento e non un lavoro, ha sempre le idee molto chiare su ogni argomento.
«Non si dica che non si effettua educazione fisica nella scuola perché mancano le strutture perché basterebbe uscire in cortile per praticarla, purtroppo è considerata la cenerentola delle materie e c’era chi- io non l’avrei mai fatto- si faceva fare la giustificazione per saltare l’ora di ginnastica ed approfittare per studiare le altre materie. Di queste cose ne parlo anche col Ministro dello Sport Andrea Abodi che ha molto a cuore lo sport. Io invece in politica non ci sono mai voluta entrare. Lello Pagnozzi, amministratore delegato del Coni, mi avrebbe voluto come vicepresidente del Coni, ma non è il mio ruolo, non ci so fare. E la stesso vale per la politica, io devo essere libera di poter dire ciò che penso senza influenze».
Quella libertà dei quadri che dipinge o della bambina sui monti, lei Heidi italiana che da bambina aveva le guance rosse proprio come la bambina dei cartoni animati che viveva s moti col nonno: «Il legame con la montagna è rimasto forte, mi piace sempre salire in quota per fare la polenta in baita o fare escursioni. Crescendo in questo ambiente ambiente, io e i miei fratelli ed i amici cugini abbiamo avuto molta libertà, ne combinavamo, ma non raccontavamo tutto ai genitori, ma certe esperienze è meglio farle da bambini piuttosto che compiere cose gravi a sedici anni».
Nessun rimpianto per aver smesso giovane, 29 anni, e non aver lucrato col nome che aveva e le laute sponsorizzazioni: « Io ho sempre gareggiato per il piacere di farlo mi piaceva proprio, il resto era secondario. Ero stufa dell’ambiente e delle pressioni e per questo ho smesso, volevo dedicarmi ad altro (ha costruito la sua famiglia con Alessandro Benetton). Ripensandoci avrei continuato solo se avessi avuto la possibilità di partecipare alle gare quando ne avevo voglia io, di non essere costretta».
Da quelli sci di plastica che ha voluto fortemente a due anni e mezzo per emulare il fratello maggiore Yuri ed andare a sciare anche lei con papà Giorgio di tempo ne è passato: « Andavo a sciare praticamente tutti i giorni, ora quelli sci azzurri sono un pezzo da museo. Ricordo anche il giorno da apripista nella discesa libera dei Mondiali del 1985 di Bormio e Santa Caterina. Ero io con altri ragazzi della zona fra i quali anche Pietro Vitalini. Nella prima prova ci dissero di andare piano, nella seconda di andare più forte ed io ruppi gli sci. Avevamo in albergo la Nazionale Svizzera femminile che in quel periodo era la più forte al mondo, mi ricordo il nostro garage con tutti i loro sci, ogni atleta ne aveva sei a disposizione. Non avevo mai visto sci così belli. Mio padre se ne fece prestare un paio da darmi per la prova il giorno della gara: scesi a tutta e poi mi dissero che io, ragazzina di 15 anni, avevo fatto un tempo migliore rispetto a tutte le altre italiane che erano in gara. Po da ragazzina in discesa ebbe una rovinosa caduta con parecchi guai al ginocchio. Avrei dovuto partire per i Mondiali di Calgary ma avevo il gesso. Nella stagione ’91 -92 ci fu l’equiparazione dei premi della Nazionale femminile a quella maschile e da allora i risultati delle donne migliorarono sensibilmente». Tutti sanno delle vittorie olimpiche da Albertville a Nagano, dei Mondiali del Sestriere, ma pochi conoscono un retroscena: «Io non volevo partecipare alle Olimpiadi di Albertville. Eravamo in ritiro a Santa Caterina perché c’era un pendio simile a quello che avremmo trovato in Francia, ma al momento della partenza io sparii. Facevo così anche da bambina. Mi nascosi da mia nonna, ma vennero tutti a convincermi di partire perché era una gara come le altre. La gara delle Olimaidi effettivamete è come le altre gare, cambia invece tutto il contesto, la pressione. Lo scoprii dopo aver vinto, un successo che mi cambiò la vita. C’è una grande pressione sugli atleti per le Olimpiadi perché è un evento che torna solo ogni quattro anni e se sbagli, devi aspettare così tanto tempo. Ai Mondiali del Sestriere sentì l’affetto della gente. Di solito il pubblico non era molto numeroso nelle nostre gare; quella volta prima della seconda manche dalla partenza sentii il boato proveniente dal parterre e anche scendendo in gara sentivo il sostegno del pubblico. Ora gli atleti hanno una pressione maggiore rispetto ai miei tempi. Considero la Shiffrin che ha vinto da giovane e continua a vincere, un vero fenomeno, certamente superiore a me».
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