Transizione 5.0, risorse finite: doccia fredda per le imprese. Campanari: «Inaccettabile»

La misura era partita con difficoltà, ma ora stava ingranando. Le domande avevano raggiunto i 12 milioni al giorno. Si valutano alternative e rifinanziamenti.

Il Piano Transizione 5.0 zero chiude ufficialmente i battenti in anticipo per esaurimento dei fondi, come annunciato la scorsa settimana dal ministero delle Imprese e del Made in Italy. Una sorpresa e soprattutto un duro colpo per le industrie italiane che con impegno, superando i forti ostacoli burocratici della misura legata al Pnrr, avevano tracciato nuovi binari di investimento per l’innovazione tecnologica.

Solo 2,5 dei 6,3 miliardi previsti dal Piano sono stati destinati, e rapidamente esauriti, per la misura, con l’aggiunta che la rimodulazione dei fondi a livello europeo ha messo la parola “fine” ai finanziamenti disponibili. Perciò, come chiarisce il decreto direttoriale dello scorso 6 novembre, alle nuove domande si risponderà che non ci sono più fondi disponibili e che restano valide solo se ci sarà un eventuale rifinanziamento.

Formalmente lo sportello per presentare domanda resta dunque aperto fino a fine dicembre, ma senza certezza di rifinanziamento utile al credito d’imposta.

Se presentare comunque domanda sarà utile a mantenere una postazione di priorità temporale in caso di rifinanziamento, non ci sono tuttavia indicazioni sui tempi e sulle modalità per il futuro.

Le alternative sono passare a quel che resta del credito d’imposta del Piano 4.0, considerando che anche in tal caso le risorse stanno andando ad esaurimento o rinviare gli investimenti all’anno prossimo facendo leva sul rifinanziamento, previsto in legge di Bilancio per il 2026, dell’iperammortamento sebbene questo consenta tempi di recupero non brevi. In proposito Confindustria, attraverso il vicepresidente per le Politiche Industriali e il Made in Italy, Marco Nocivelli, ipotizza meccanismi per stabilire priorità e di velocità di azione in vista dell’iperammortamento che partirà l’1 gennaio, oppure soluzioni-ponte di tipo finanziario.

Il presidente di Confindustria Lecco e Sondrio, Marco Campanari, si unisce alle voci che emergono dal sistema produttivo definendo in un post su Linkedin quanto accade «inaccettabile come modus operandi da parte del ministero delle Imprese e del Made in Italy, e quindi preoccupante non solo nella sostanza ma perfino nella forma. È necessario individuare al più presto un’alternativa che tuteli le imprese colpite da questo cambiamento - evidenzia Campanari - facendo in modo che i progetti attualmente in attesa di copertura possano essere finanziati in altro modo. Chiediamo rispetto per il mestiere di chi intraprende e fa impresa in tempi molto difficili, fungendo da spina dorsale del Paese, dando lavoro a milioni di persone e contribuendo a pagare l’80% del welfare nazionale. Se si mettono in campo misure di sostegno, e sottolineo il “se”, pretendiamo che tali misure siano disegnate per funzionare e che non tradiscano gli impegni presi».

Tutto ciò accade e accade proprio ora che il Piano Transizione 5.0, partito con ritardi nelle norme attuative e percepito da imprese e professionisti troppo complesso nelle modalità di adesione, stava iniziando a funzionare grazie al superamento di alcuni ostacoli burocratici e chiarimenti tecnici. Nelle ultime settimane le richieste avevano sfiorato i 12 milioni di euro al giorno e, secondo le stime di esperti, senza l’interruzione anticipata si sarebbero raggiunti di 3,4 miliardi di euro di utilizzo complessivo.

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