Egr. Direttore,
non do molto valore educativo al calcio. Fin dalle squadre minori troppe volte i genitori son convinti di avere in casa il futuro Maradona ma soprattutto un potenziale miliardario. Comportandosi di conseguenza.
Poi si confonde sportività/socialità con agonismo. Sembra c'è ci sia sempre di mezzo l'onore e il successo. Nel calcio non c'è l'elaborazione della sconfitta, il valore del saper perdere. Se si perde si è dei brocchi, degli sconfitti.
Oppure ti hanno rubato. Sempre colpa di qualcun altro. Però il calcio è lo sport nazionale. E spesso e volentieri diviene lo specchio del Paese. Si guardi la partita Milan-Juventus di sabato sera. Abbiamo letto tutti del goal non convalidato malgrado la palla fosse entrata di mezzo metro.
Cos'è successo dal secondo dopo? Risse in campo, fuori, insulti, violenze, scuse e difese a puerili.
Diventa specchio del Paese quindi sentire le dichiarazioni di Buffon, portiere capitano della Juve e della Nazionale: «... E se me ne fossi reso conto, sono onesto nel dire che non avrei dato una mano all'arbitro. Lo dico in maniera molto serena e spassionata».
Tradotto: ad essere onesto avrei raccontato una balla. Ad essere onesto? Ma che metro di onestà abbiamo? Qui di questa onestà nessuno si scandalizza. Di un pallone dentro o fuori sì.
Leopoldo Ranieri
Caro Ranieri,
il nostro calcio - che non ha mai brillato in esempi di buoni comportamenti, dentro e fuori dal campo - sta vivendo un momento d'imbarbarimento progressivo. Con comportamenti e dichiarazioni assolutamente da condannare.
L'ultimo esempio, è il più recente con tutto quello che è accaduto prima, durante e dopo Milan-Juventus. Ma se i primi a non dare l'esempio sono proprio dirigenti, tecnici e giocatori perennemente sotto l'occhio delle telecamere, sarà durissima educare i nostri giovani, che guardano e riguardano quello che fanno - e dicono - gli attori del grande circo calcistico, a queste latitudini troppo spesso squallido.
Edoardo Ceriani
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