
Cronaca / Tirano e Alta valle
Mercoledì 13 Aprile 2016
Undici casi in un anno: la punta dell’iceberg
L’Ufficio di piano: le assistenti sociali a Tirano si dicono preoccupate per il sommerso che non viene denunciato.
Nel 2015 sono 11 i casi di donne maltrattate, di cui 3 con minori seguiti dall’Ufficio di piano della Comunità montana di Tirano che copre il territorio dei 12 Comuni del mandamento, ovvero da Teglio a Grosio. Oltre a questi 11 casi, ci sono state 14 segnalazioni di misure cautelari e 2 inserimenti al centro di pronto intervento di Traona, che è un’importante struttura per l’allontanamento della donna che vive un disagio.
Sono questi i numeri resi noti, ieri, dalla responsabile dell’Ufficio di piano del Tiranese, Cinzia Deriu. Numeri, come tiene a precisare Deriu, che non corrispondono alla reale situazione di donne che vivono una particolare difficoltà fatta di violenze e maltrattamenti, poiché – come noto – il numero sommerso è altissimo. Proprio a fronte di quanto accaduto a Villa di Tirano, Deriu coglie l’occasione per lanciare un appello alle donne: «Se avete bisogno, noi siamo qui. La nostra porta è aperta».
La porta è quella dell’Ufficio di piano, che si trova all’ultimo piano del municipio di Tirano dove l’utente viene accolto nel massimo della riservatezza e dalla competenza delle operatrici e degli operatori.
«Nel 2014 è stata costituita la Rete contro la violenza che comprende non solo i servizi sociali, ma anche i servizi del territorio, l’Asst, l’Ats, l’Ordine degli avvocati, la Questura, la Pretura, il centro di Traona, l’associazione Tua e le altre per citarne alcuni - spiega Deriu -. Le persone che si trovano in una situazione di maltrattamento possono rivolgersi all’assistente sociale che ha fatto un percorso di formazione come “antenna” territoriale. In questo modo possiamo attivarci per garantire protezione e sostegno alla donna».
Ma il mondo sommerso di chi subisce e non lo dice è davvero grande. Deriu non azzarda una percentuale, ma è convinta che, fra violenza fisica e violenza psicologica, siano davvero tantissimi i casi di persone che vivono un disagio quotidiano e non lo manifestano.
«Non c’è ancora una cultura che porta a rivolgersi ai servizi sociali - prosegue -. Su questo bisogna incidere. Proprio per garantire un buon esito del nostro intervento, la Rete si sta muovendo con efficacia ed è in grado di agire in modo coeso e coordinato».
Certo non è facile per una donna. Spesso incidono la riservatezza, la paura di essere riconosciuta, additata oppure la non consapevolezza del dramma che si sta vivendo. «Tante volte alcuni comportamenti vengono giustificati, altre volte si cerca la mediazione, senza rendersi conto che c’è un aspetto di violenza difficile da superare - sempre Deriu -. Proprio per farci conoscere e far conoscere la Rete contro la violenza, si sta facendo sensibilizzazione e informazione. Ricordo il progetto “Doppio taglio”, che ha affrontato il tema della violenza in modo semplice, facendo capire quanto spesso si debba avere a che fare con una distorsione culturale».
Quale dunque il consiglio di Deriu? «Quando una donna ha un dubbio, la invito a rivolgersi al servizio sociale dove ci potrà essere una chiarificazione, oppure verrà indicata quale strada percorrere».
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