Café-chantant a Serone di Civo con la rassegna Alpi Sonanti

Musica, ironia e atmosfere retrò, il borgo della costiera dei Cech si è trasformato per una sera in un teatro della Belle Époque

Civo

Tre bellissime donne e una… sciantosa d’alto rango hanno incarnato un redivivo café-chantant incantando l’antico borgo di Serone di Civo per uno degli appuntamenti più frizzanti di «Alpi Sonanti», nobile appannaggio dell’Associazione «Serate Musicali» diretta da una irresistibile e charmant Ivana Zecca.

«Profumi e balocchi», strizzando l’occhio al celeberrimo tormentone degli anni ’20 sull’amoralità di «una donna conosciuta e molto frequentata» che «porge il labbro tumido al peccato» comprando solo per sé belletti, cipria e Coty, noncurante della sua piccola implume che chiede invano un balocco e infine – ahimè, poverina! – «già reclina il capo e socchiude gli occhi», vittima del divino castigo, ne capovolge la retorica bacchettona dell’epoca per imbarcarsi in un simpatico viaggio tra le celebrità canore del primo cinquantennio del Novecento.

E, dinanzi a un folto pubblico visibilmente divertito, il «Funny Quartet» con una scanzonata Mimma La Monica al flauto, la sicurezza spavalda di Ivana Zecca al clarinetto e l’augusta avvenenza e il tocco di velluto di Sonia Vettorato al pianoforte, con la voce narrante e cantante e soprattutto l’effervescente presenza di Nicola Olivieri delle sontuose «Sorelle Marinetti», ha regalato attimi d’immenso divertissement crogiolandosi amenamente tra i più grandi successi di una Belle Époque che celebrava l’ascesa all’età d’oro del Moulin Rouge e della Villa Lumière, del «cinema» e dell’«Esposizione universale parigina», prima di essere afflitta e devastata dai due grandi conflitti mondiali.

Gagliardo il friccicore garibaldino di Mimma, Ivana e Sonia con tanto di cravattone e gilet d’anteguerra e un sorriso strepitoso da stendere il più infingardo e annoiato avventore di un cafè-concerto, mentre se la spassano dilettevolmente svolazzando sulle note di «Ma le gambe», che celebra il fascino muliebre dalla cintola in giù.

Ecco poi l’entrata scenografica di un oleografico Olivieri in frac, cilindro e guanti bianchi, a fare il verso alle macchiette di Petrolini o rispolverando l’antico ardore canoro di Natalino Otto. Ed è tutto un tripudio gioioso che ripercorre il fervore di vecchi microsolchi, rispolverando i fasti di una «Creola dalla bruna aureola» che con la sua fragranza squassa i cuori e fa inginocchiare gli uomini ai suoi piedi, null’altro chiedendo che di saziarla e straziarla di baci.

Una voluttà infinita che si ripropone in double face con quella bella pansé che hai… «Me la dai? Me la dai? Me la dai la tua pansé?». E il pubblico in sala canticchia a mezza voce.

La voce baritonale di Olivieri è un fremito in «Ti parlerò d’amor» in una notte senza fine «fino a che tu non mi amerai e t’innamorerai». Sesso e passione e vuoti immensi che recalcitravano la voglia di snervarsi dietro pseudo-eruditi quesiti per inseguire il sogno di una spensieratezza «leggera», ma non troppo effimera.

E il concerto non poteva che chiudere con quella «Balocchi e profumi» resa celebre da Tajoli a Villa, da Consolini a Milva, con un pubblico entusiasta che ha riservato al quartetto un lunghissimo e caloroso applauso. La costiera dei Cech per una sera è ritornata indietro nel tempo. Quando era lecito sognare illudendosi maldestramente che il nuovo secolo avrebbe dissipato ogni angoscia, portando un sorriso in ogni casa sull’aria di un motivetto tutto da vivere e cantare. Spensieratamente.

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