Oscar Farinetti questa sera a Bulciago: «Influencer e santoni, ma il vero turismo rispetta i territori»

Bulciago

Oscar Farinetti presenta mercoledì sera alle 20.45 il suo libro “Hai mangiato?” a Bulciago. L’incontro si svolgerà nell’Agorà della scuola primaria “Don Lorenzo Milani” ed è inserito nella rassegna letteraria “IterFestival 2025”, organizzata dal Consorzio Brianteo Villa Greppi in collaborazione con “Lo Sciame Coop. Soc. Onlus”. Con l’imprenditore piemontese dialogherà Martina Garancini, direttrice artistica del festival. Ingresso libero, sino esaurimento posti.“Hai mangiato?” (ed. Slow Food) è una raccolta di “venti racconti più due” che Farinetti ha dedicato al cibo inteso “come cura, come passione, come relazione, come momento di condivisione”.

Imprenditore visionario, scrittore e gastronomo appassionato ma soprattutto un amante di tutto quello che riguarda il Belpaese. Da Unieuro a Eataly, Oscar Farinetti porta nel Lecchese il suo viaggio.

L’ottimismo è davvero il profumo della vita?

Certo. L’ottimista è quello che pensa che i problemi si possano risolvere, e passare la vita con quel genere di persone ha un profumo fantastico. A volte ci si sbaglia, ma non si smette mai di provarci.

Come nacque il celebre spot di Unieuro?

Eravamo a casa di Tonino Guerra, stavamo parlando di questo spot che doveva avere per tema l’ottimismo. Avevamo scritto “benvenuti nell’era dell’ottimismo”, ma poi lui volle fare quella chiamata strana al suo amico Gianni, che tra l’altro era pure sordo, dicendo la famosa frase. Io non ne compresi il senso e lui mi disse “si vede che non capisci nulla di poesia”. La cosa su cui ci scontrammo fu sulla parola “profumo”. Fu lui a proporlo e aveva ragione, i profumi sono una parte importantissima della vita.

Come lo convinse?

Andai dove viveva, a Pennabilli, ci misi una settimana. Lo convinsi con una bella opera di stalking e anche con un assegno decente.

Il grande salto della sua vita è stato quello da Unieuro a Eataly. Come lo pensò?

Volevo occuparmi di un prodotto italiano appetibile al mondo, diventare un imprenditore internazionale e con l’elettronica non era possibile. In quel momento il cibo italiano si apprestava a diventare molto appetibile nel mondo, soprattutto pensando alla qualità delle materie prime. Io vidi una grande potenzialità, pensi che ai tempi esportavamo la metà dei francesi. Da anni frequentavo il mondo dello Slow Food e vidi una strada per fare commercio, una possibilità di espansione enorme.

Dove nasce la passione per il cibo?

Da Alba, la capitale delle Langhe, un territorio in cui il cibo riveste una componente fondamentale, passando dai grandi vini agli agnolotti, vivendo in mezzo a questi profumi. In più ho sposato una gran cuoca e poi ho cominciato a studiare per diventare gastronomo, che è la cosa che più mi piace fare nella vita.

Il suo ultimo libro prende spunto da una frase di Elsa Morante: “La frase d’amore più vera, l’unica, è: hai mangiato?”

Sì, da quella frase deriva il titolo del libro, che è anche quello del primo racconto. Ragionandoci ho capito che era vera e successivamente ho scoperto che in coreano per dire “ti amo” si dice “hai mangiato?”, ed è molto interessante. Oltre a questo però mi ha ispirato una poesia di Tonino Guerra, sul suo ritorno dai campi di prigionia. Quando arrivò alla soglia della porta di casa, la prima cosa che gli disse il padre fu “hai mangiato?”.

“Hai mangiato?” è una raccolta di racconti. Ne ha uno preferito?

Sull’ultima pagina del libro invito i lettori a mandarmi un’email dicendomi quali sono i loro tre racconti preferiti. Io cambio spesso idea, adesso quello a cui sono più affezionato è la storia delle due Marylin, due donne nate lo stesso giorno, il primo giugno 2026, una a Los Angeles e l’altra, Gilda, nelle alte Langhe. Il racconto parla della storia di queste due vite a confronto.

Ha frequentato spesso il Lario?

In realtà no, non molto. Io conosco bene e mi piace tutta l’Italia perché la giro come un ossesso, ovunque ci sono dei territori strepitosi.

Ha qualche piatto preferito?

Il prossimo! Sono un curioso per natura e mi sono allenato a sopprimere abitudini e gusti, per questo il mio piatto preferito è sempre il prossimo che mangerò.

Cosa ne pensa del fenomeno dell’overturism, causato da qualche influencer?

Diciamo che penso male dei cosiddetti “influencer generici”, mentre adoro quelli veri, i gastronomi, gli esperti d’architettura, non quelli che fanno le cretinate sul web. Quelli generalmente creano un turismo ignorante, ma spesso riescono a parlare alla gente normale, al contrario di altri presunti “santoni”. La mia idea è che bisognerebbe trovare una quadra, non sono inorridito da questo fenomeno, bisogna dare la possibilità a tutti di viaggiare, non solo a chi può permettersi il ristorante. Io sono per il turismo aperto, l’importante è comportarsi bene.

La sua vita è stata costellata da successi ed errori. Esiste qualcosa che non rifarebbe?

Va bene così, io godo molto più nel provarci che nel farcela. Leonardo Da Vinci sbagliava sei opere su dieci ma, senza quegli errori, non avremmo avuto i suoi capolavori. Io non ho mai conosciuto nessuno che ha combinato qualcosa di grandioso nella vita senza fare errori. La mia Gioconda è “Eataly”, ma la cosa più bella che ho fatto è “FICO”.

Cosa significa per lei essere stato figlio di un partigiano?

Molto, ho avuto la fortuna di essere figlio di un uomo che ha messo la sua vita in gioco per lottare per libertà e uguaglianza, mi ha ispirato a mettermi in gioco per inseguire i miei sogni, ad affezionarmi più alle persone che alle cose. Non mi sento orgoglioso, mi sento riconoscente per l’esempio che è stato.

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