“Sudari. Gaza 2025”: fino a domani
a Poggiridenti la mostra
con i dipinti di Michela Fomiatti

La rassegna è stata allestita nel week end per la “Festa della torre” promossa dal Comune e dalle associazioni del paese

Poggiridenti

Bambini cui le bombe hanno amputato una o entrambe le braccia. Bambini con una pentola in mano che cercano un mestolo di riso o un pezzetto di pane. Sguardi pieni di dolore, di angoscia, di terrore; occhi persi come in ricerca di qualcosa, una salvezza che non è ancora arrivata. Una madre con un figlio che camminano in mezzo a cumuli di macerie e altri che scappano. E poi donne con il capo chino sui propri figli, morti, avvolti da un lenzuolo bianco.

Provocano un moto interiore di “pietas” i dipinti che Michela Fomiatti esporrà ancora per la giornata di domani (13 luglio), dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18, alla torre dei Da Pendolasco alla mostra “Sudari. Gaza 2025” allestita nel week end per la “Festa della torre” promossa dal Comune e dalle associazioni del paese. Fomiatti ha portato nel suo paese di nascita l’anteprima di un nuovo progetto che verrà sviluppato nei prossimi mesi con l’intenzione di farlo girare in altre località della provincia. Nelle due salae pictae, su supporto rosso, emergono con tutta la loro umanità i 15 lavori realizzati da Fomiatti nell’ultimo mese, un tempo lampo, potremmo dire, a dimostrazione di un’esigenza quasi incontenibile di dare forma artistica ad un messaggio. «L’idea di questo lavoro è nata a scuola dove insegno (al liceo Artistico di Morbegno, ndr) e, anche su invito del sindaco di Poggiridenti ad esporre alla manifestazione in onore della torre, vi ho dato corpo – spiega Fomiatti -. Le suggestioni sono venute dalle immagini di fotografi, anche famosi, su quanto sta accadendo a Gaza, che sono state uno stimolo per darne eco con i miei strumenti. Fossi un poeta scriverei una poesia, fossi un cantante comporrei un brano, essendo una pittrice ho dipinto». Quanto al titolo, «il sudario è un oggetto simbolico che vediamo in televisione e in rete dove vengono pietosamente raccolti questi bimbetti ed è un simbolo di cura nei confronti della persona che non c’è più – prosegue -. Ho pensato di partire da questo simbolo di pietà e di cura prendendo dei pezzi di lino, anche sciupati, perché sciupati sono i bambini di Gaza, vi disegnato sopra usando la grafite acquarellabile e poi con grande pennelli ho bagnato il disegno, creando dei chiaroscuri e un effetto di stropicciato che mi è piaciuto». Un momento creativo di «rabbia», come lo definisce l’artista, originato da un «fastidio e un malessere», perché «siamo bombardati da immagini di morti e bambini, ma ci sono una certa leggerezza, una specie di abitudine al brutto, un torpore generale, anche agli alti livelli. Credo che qualsiasi strumento, in questo caso l’arte, sia importante per far riflettere, per dire: “Adesso basta!”».

E lo dicono i “Sudari” di Fomiatti che parlano di fame, di dolore, di rabbia, di paura, di distruzione. In particolare la tematica della distruzione, nella mostra poggina solo accennata, verrà approfondita nei prossimi lavori dove l’artista vuole porre l’attenzione non solo sulle persone, ma anche sui paesaggi pure annientati e deturpati dalla guerra.

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