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Promuovere mete non massificate esige un cambio di paradigma secondo Paolo Corvo, docente a Pollenzo «Si diffondono il turismo dei selfie e la “foodizzazione”, il succedersi di locali destinati a cibo e intrattenimento»
Per definizione l’overtourism è quel turismo eccessivo che supera le capacità di carico di un contesto a livello di ambiente, territorio, strutture, ricettività, trasporti.
Per cambiare le cose serve rivedere i flussi e adeguare la formazione per gli operatori, per i turisti e anche per i politici che devono cambiare il modo di gestire il territorio», afferma Paolo Corvo, professore all’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo, secondo il quale «se in talune circostanze può esserci un problema di organizzazione, ma il punto è che bisogna ripensare i flussi turistici, anche per evitare legittime reazioni da parte degli abitanti e situazioni di anti-turismo per quella che è ritenuta un’invasione che crea problemi strutturali».
Indubbiamente la formazione può fare molto, con due aspetti. Per quanto riguarda gli operatori turistici il tema è quella di una formazione adeguata alle nuove esigenze, ma la questione è legata molto anche ai turisti e quindi alla trasmissione di comportamenti che può arrivare da famiglie e scuole. Si sta diffondendo un turismo da selfie, di persone che vogliono fissare la loro presenza in una foto davanti a un monumento, un turismo quindi interessato ad andare in un luogo e non a viverlo. Ciò comporta la massificazione dell’esperienza.
Al contrario: in montagna negli ultimi anni c’è stata una maggior presenza di turisti in montagna indotta inizialmente dal Covid, quando la montagna consentiva di stare in spazi aperti. Quel turismo è cresciuto, ma le persone si fermano nei centri abitati affollandoli mettendo in secondo piano le escursioni in spazi aperti. Così si ricreano le dinamiche del caos cittadino. C’è un tema di educazione dei turisti. Per tanto tempo abbiamo parlato di turismo sostenibile che in realtà è vissuto da una minoranza di persone che cerca il contatto con la popolazione locale, con la cultura e il territorio. Così le vacanze si risolvono in molti selfie e in un aspetto esteriore molto superficiale.
Quest’anno il turismo italiano presenta una profonda dicotomia: da un lato le grandi città hanno sofferto di una presenza eccessiva di turisti, che rende difficile vivere positivamente l’esperienza. Dall’altro c’è un calo di presenze turistiche in luoghi storici e nelle località balneari, con spiagge solitamente affollate e in questi mesi poco frequentate. Credo che ciò oltre a legarsi a un problema di prezzi abbia a che vedere anche con un problema di ristrutturazione di ciò che le località balneari offrono, visto che i turisti sono sempre più esigenti e certi contesti organizzativi a gestione famigliare non consentono una giusta flessibilità di offerta. Tante realtà balneari sono in difficoltà, chiudono o sono acquisite da grandi catene. Speriamo che ci sia anche il coraggio da parte della politica di intervenire. Il 70% del turisti italiani frequenta solo l’1% del nostro territorio e si tratta perlopiù delle città d’arte: è paradossale. Consideriamo che nelle città ad altissima concentrazione turistica c’è un risvolto sociale importante per cui è difficile trovare lavoro che non sia nel settore turistico. Così ad esempio rischia di perdere tradizioni artigianali antiche. Indubbiamente si rafforza e prevale la forte presenza di turisti in alcuni contesti specifici e nelle grandi città in particolare.
Senza dubbio tale situazione dipende da una promozione molto forte da parte delle località più tipiche, in primis le città d’arte, spinte anche dall’azione degli influencer. Altre realtà che meriterebbero attenzione da parte dei turisti sono meno frequentate.
Le città di svuotano dei loro abitanti e diventano un succedersi di locali legati a ristorazione e intrattenimento ma solo a esclusivo scopo turistico. Quindi serve capire se vogliamo fare delle nostre città dei parchi divertimento per turisti rinunciando alla propria identità.
Direi che devono ripartire anche dalla riconsiderazione dei prezzi. Un altro interessante dato della stagione turistica di quest’anno sta nella diminuzione dei giorni di vacanza, con grande affollamento nei week end e mancanza di presenze in settimana, perché le persone hanno meno denaro da spendere. C’è quindi anche un problema legato ai prezzi: nella formazione degli operatori metterei quindi anche la riflessione sui prezzi eccessivi che in alcuni contesti vengono proposti al turista, il quale reagisce tagliando i periodi di vacanza, almeno per quanto riguarda i turisti italiani. Molte dinamiche si sovrappongono e rendono estremamente complesso il panorama. In certi contesti non ci si preoccupa, ritenendo che l’aumento della pressione turistica sia in sé un dato positivo. Ma bisogna valutare sul medio-lungo periodo, in quanto le persone potrebbero stancarsi di fare code per qualsiasi servizio o di trovarsi in contesti eccessivamente affollati. Potrebbero perciò rinunciare o cambiare sensibilmente le proprie abitudini e di questo gli operatori dovrebbero preoccuparsi.
Certamente, c’è un grande tema che riguarda il settore degli affitti in generale. Con i principali appartamenti locati con affitti brevi si crea una grande difficoltà agli abitanti nel reperire abitazioni in affitto tradizionale, causando così anche la spinta ad uscire dalla città per trovare casa, una decisione che impatta su tanti aspetti di vita di una famiglia.
Senz’altro, contribuiscono a un flusso costante. Il Governo ha provato a fare qualcosa facendo emergere delle realtà che lavoravano in nero. E’ assurdo che un abitante non trovi più un appartamento in affitto tradizionale. C’è una cattiva interpretazione del mercato libero. Non si può continuare a parlare di turismo solo in termini quantitativi.
Consideriamo inoltre che negli appartamenti ad affitti brevi si alternano continuamente persone in condomini non esclusivamente adibiti a quella funzione e questo può essere un problema. In definitiva occorre realizzare una diversa organizzazione dei flussi turistici, una dislocazione diversa delle persone, una programmazione dei flussi con quantità giornaliera da programmare e gestire. Aggiungiamo l’aspetto non secondario dei trasporti e delle strutture recettive che devono tener conto delle popolazioni locali. Sono tutte questioni emerse in questi ultimi anni fino a diventare insostenibili.
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