
Economia / Circondario
Venerdì 03 Ottobre 2025
Il turismo coltiva il futuro: un patto sociale sui giovani
L’imprenditore Fabio Dadati lancia l’allarme sulla necessità che il settore investa per attrarre i talenti. Soluzione possibile? Un mix di formazione duale, aumento dei compensi e abolizione dei turni spezzati
Dobbiamo formare i ragazzi e riportarli al piacere di venire a lavorare con una certa sicurezza e tranquillità nel settore turistico-ricettivo. La sfida della formazione è centrale e anche la relazione fra scuole e associazioni di categoria è determinante per il miglioramento delle professionalità, soprattutto a sostegno delle attività più piccole», afferma Fabio Dadati, operatore del settore ((Hotel Promessi Sposi, 4 stelle lusso a Malgrate), delegato per il turismo in giunta camerale ed esponente di Federalberghi Lecco. «La vera preoccupazione – sottolinea Dadati - è investire per far tornare l’interesse dei giovani ai mestieri del turismo».
Quanto è elevata oggi nel settore l’esigenza di personale formato anche in digitalizzazione?
Nella ricettività il tema è di importanza crescente da qualche anno. Il fatto che ogni passaggio del rapporto con gli ospiti potenziali o reali, dalle politiche sui tariffari alla gestione delle attività (dal keep in service fino alle pulizie), alla ristorazione, alla parte delle camere: tutto è gestito oggi attraverso programmi informatici in un importante lavoro digitale amministrativo a partire dagli investimenti in business intelligence, che comporta costi elevati e che va capita nelle opportunità che offre nell’avere informazioni sul mercato e della concorrenza. Ciò per definire i giusti range di tariffari di cui dotarsi e dar corso a tutta la procedura informatica per le prenotazioni dirette.
Queste sono però delle dinamiche, bisogna poi saperle collegare, durante la gestione, all’andamento visto che le cose possono cambiare da un giorno all’altro ma anche nel corso di una stessa giornata.
Quindi queste sono le professionalità da sviluppare?
Sì, all’interno delle singole realtà. Se un’impresa appartiene a una grande catena della ricettività o se è comunque un’attività di una certa dimensione, in quanto tale ha persone interne ed esterne che se ne occupano. Ma i costi per questo tipo di investimento sono elevati ed è quindi più complicato farlo per le piccole realtà famigliari, perciò l’aspetto formativo riguarda anche le famiglie che fanno questo lavoro e di conseguenza i loro figli. Non si può più prescindere da ciò e non si può più prescindere dall’utilizzo delle tecnologie, ad esempio anche nei ristoranti si prenota attraverso le app. La relazione è sempre più attraverso questi strumenti: bisogna essere in grado di dare adeguata formazione attraverso gli istituti professionali, gli istituti tecnici per il turismo o gli Its.
In che modo dunque le aziende piccole e medie possono difendersi?
Possono difendersi imparando, con le scuole pubbliche e private. O noi riusciamo a sviluppare ulteriormente valore e competenze attraverso la formazione oppure allargheremo ancor di più il gap (già presente sul nostro territorio) tra, da un lato, catene internazionali o comunque imprese di dimensioni significative e dall’altro le aziende famigliari, che sono in riduzione. Abbiamo dunque necessità di aiutarle, dati i costi significativi della digitalizzazione e dell’intelligenza artificiale, cose non “democratiche” in quanto in generale tendono ad allargare la forbice, come vediamo dalla concentrazione delle ricchezze nel mondo.
Come vede il panorama formativo sul Lario?
È un panorama positivo sia su Como sia su Lecco: le scuole alberghiere ci sono e hanno bisogno di maggior attenzione, perché hanno perso studenti sebbene, pensando alle attività di cucina, l’impatto della digitalizzazione sia marginale. Ma se ci si deve misurare col lavoro di sala e si è imprenditore la cosa si fa più complessa in termini di, ad esempio, gestione col cloud delle temperature, dello stoccaggio in frigoriferi e freezer: aspetti importanti in ottica di sicurezza alimentare. E queste macchine ovviamente costano. Sul territorio comunque c’è consapevolezza sul tema della digitalizzazione, le imprese ci stanno lavorando. Sempre meno ragazzi si candidano però per il settore. Il problema è portare un numero adeguato di ragazzi nella formazione. E’ nota la perdita di interesse da parte dei ragazzi nelle professioni legate alla ristorazione e, in parte, anche fra le attività di ricezione.
Come si organizza la formazione per i profili più bassi?
Sono assolutamente favorevole allo schema del sistema duale tedesco, dove la formazione in azienda è importante quanto quella teorica in aula. Questo tipo di formazione sul nostro territorio è stata implementata, ma deve esserlo ulteriormente. La formazione tecnica superiore (Ifts), fra cui anche l’iniziativa Enaip sulla pasticceria con moltissimo tempo di laboratorio, ha una formula giusta.
C’è un tema di bassi salari nel settore?
I ragazzi vanno anche pagati, inclusi i ragazzi in stage che (sebbene non previsto) è giusto che abbiano un rimborso. Nella nostra attività lo facciamo sempre. Se un ragazzo si dimostra bravo, anche a stage concluso facciamo un contratto a chiamata oppure per un intero mese estivo dandogli stipendio pieno. I ragazzi vanno incentivati e questa è una sfida a cui siamo chiamati anche nel rapporto coi sindacati.
Cosa intende?
Serve un patto fra imprese e sindacati nella formazione dei giovani, soprattutto nei nostri settori dove le imprese perdono appeal perché i giovani pensano che chi lavora nella ristorazione sia tendenzialmente sfruttato. Non è vero, anche se in alcuni casi può accadere. Moltissime aziende del nostro settore sono serie, pongono attenzione e lavorano in un certo modo con continui miglioramenti, perché investiamo, miglioriamo la qualità della vita sul posto di lavoro riducendo al massimo, ad esempio, i turni spezzati in modo da non impegnare fra pranzo e cena tutto il giorno. Ciò costa, significa dotarsi di più personale, ma bisogna farlo: sono veramente molto preoccupato per il futuro del turismo. Abbiamo raggiunto un picco, ora vogliamo vedere quale sarà l’eredità delle Olimpiadi invernali.
Cosa si aspetta dalle Olimpiadi sul fronte dell’occupazione?
Mi auguro che tale eredità sarà positiva e che possa darci un ulteriore abbrivio per migliorare. Il miliardo di investimento in itinere nei prossimi quattro anni su alberghi in fascia alta con centinaia di camere, previsti anche su Como e Lecco, genererà una richiesta occupazionale di oltre mille persone qualificate, inclusi i camerieri che oggi non possono più essere improvvisati ma devono conoscere lingue straniere, sapere come interagire o come interfacciarsi con la cucina. Dobbiamo formare i giovani e rendere per loro attrattive le nostre attività.
I giovani preferiscono sempre più lavorare nel manifatturiero?
Sia a Lecco che a Como i giovani in questi ultimi anni tendono a guardare soprattutto agli indirizzi formativi di carattere meccanico e comunque manifatturiero, dove hanno orari di lavoro regolare e guadagnano un po’ di più. Questo è vero, quindi dobbiamo aumentare la professionalità e anche il livello dei compensi come peraltro già fanno, pagando stipendi adeguati, le imprese turistiche strutturate e di dimensioni simili alla nostra.
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