Economia / Lecco città
Venerdì 14 Novembre 2025
«Noi consulenti del lavoro tra leggi, diritti e umanità»
Potito Di Nunzio, coordinatore della Consulta lombarda: «L’imprenditore ha sempre un’avventura in testa. Gli servono compagni di viaggio che conoscano gli obiettivi, ma che siano anche coinvolti emotivamente»
«La nostra è una professione interdisciplinare che attraversa diritto del lavoro, diritto della previdenza, diritto sindacale, diritto tributario, oltre alla contrattazione collettiva e alle tante circolari del ministero: abbiamo fonti di ogni tipo, perciò il confronto professionale nella formazione continua sia fondamentale per essere un buon consulente del lavoro».
Potito Di Nunzio, coordinatore della Consulta dei consulenti del lavoro per la Lombardia, racconta i passi necessari per affacciarsi a quella che definisce «la professione più umana e più bella che si possa svolgere in tempi come quelli che stiamo vivendo».
Come si diventa consulente del lavoro?
Lo si diventa accedendo all’esame di Stato dopo 18 mesi di praticantato in uno studio professionale di consulenti del lavoro. Per prepararsi all’esame non c’è un obbligo di formazione, serve una laurea in economia o giurisprudenza o in alcuni percorsi di scienze politiche, ma affinché un giovene non si avvii all’esame privo di esperienza formativa i nostri Ordini professionali a livello territoriale organizzano corsi per dare supporto ai praticanti. Come ordine professionale nazionale e territoriale mettiamo a disposizione materiali e percorsi, inclusi suggerimenti pratici per lo svolgimento dell’esame di Stato. E abbiamo evidenza del fatto che chi frequenta il corso ha più probabilità di superare l’esame di Stato.
Quanto peso ha la formazione professionale continua che avviene sul campo, negli studi, in aggiunta a quella prevista per legge e organizzata dall’Ordine?
Sulla base degli obblighi di legge dobbiamo raggiungere i 50 crediti nel biennio di cui 6 di deontologia professionale. Il 60% dei crediti devono essere conseguiti in presenza e il resto in webinar, i quali tuttavia non possono essere acquisiti fuori dalla regione di appartenenza. Nella nostra categoria è molto importante il confronto professionale. Gli Ordini sono orientati nel mettere a disposizione degli iscritti molte più ore di formazione rispetto a quelle deputate al raggiungimento dei crediti obbligatori e per questo siamo anche molto spesso sollecitati dai colleghi che ci suggeriscono temi di formazione: dedicarci con costanza alla formazione è un onere morale che come Consigli provinciali degli Ordini abbiamo verso i nostri iscritti proprio perché capiamo la necessità di aggiornamento continuo.
Per la parte di formazione che avviene negli studi, quali sono le abilità e le soft skill fondamentali da sviluppare per essere un buon consulente del lavoro?
La nostra professione ha due risvolti: uno hard, di conoscenza dura delle tecnicalità, visto che ci poniamo come regolamentatori dei contratti di lavoro. Se non si è buoni giuristi è difficile essere arbitri nella nostra professione. E’ vero che siamo pagati come consulenti dalle imprese, ma lo siamo proprio per mantenere la legalità nei rapporti di lavoro. Contrattualizzare al meglio e sviluppare tutto il necessario affinché le parti non siano tradite nei loro diritti e doveri per interpretazioni non corretti. Questa è, appunto, la parte hard, per la quale la formazione continua è fondamentale.
Qual è l’altro risvolto?
L’altra faccia della medaglia ha carattere più gestionale, ha a che vedere con l’aspetto delle soft skill dove aiutiamo l’imprenditore a gestire al meglio le risorse umane. Di soft skill ne servono parecchie, finalizzate alla risoluzione dei problemi. Il dipendente va motivato, trattenuto in azienda, incentivato, accolto. Serve perciò lo sviluppo di piani di carriera e di welfare. Cercare di creare armonia in azienda è spesso la parte meno visibile del nostro lavoro, ma fondamentale per prevenire eventuali contenziosi. Oggi abbiamo quattro generazioni al lavoro, a partire dai “boomers” che non sono ancora andati in pensione: mettere insieme le generazioni, cercare di creare armonia in funzione degli obiettivi da raggiungere è fra i nostri obiettivi. L’imprenditore è un avventuriero nel senso che ha un’avventura in testa per la quale servono compagni di viaggio ai quali però si devono far conoscere gli obiettivi e dire cosa si vuole da loro. Vanno motivati e coinvolti anche emotivamente.
Il costo del lavoro pone però paletti a quel che si può fare.
Per noi si tratta di gestire la risorsa umana, nel perimetro delle regole e tenendo d’occhio anche il costo del lavoro, davvero eccessivo in Italia, visto che siamo su una proporzione per la quale fatto 100 ciò che riceve il dipendente il costo complessivo per l’impresa è di 250. Trovare nelle maglie delle norme la possibilità di far arrivare maggiori risorse economiche al dipendente senza gravare eccessivamente sui costi, ciò accade con la messa a punto di piani welfare che danno maggior potere d’acquisto al salario. Trovare le modalità per farlo per noi è un obiettivo importante. Le persone sono la nostra materia prima, ci occupiamo di persone con tutte le ricadute del caso, incluse le ricadute anche sulla psiche, sulla fisicità, sulle famiglie dei lavoratori. Un buon consulente del lavoro si deve far carico di questi aspetti.
Quanto è difficile essere consulenti del lavoro in un periodo in cui, come oggi, aumenta la cassa integrazione ordinaria e straordinaria?
Non sempre va tutto bene. Nella risoluzione di crisi d’impresa bisogna cercare di capire che le ricadute sulle famiglie sono pesanti, quindi per noi è fondamentale mettere in campo tutto ciò che serve per prevenire i problemi. Essere orientati alla soluzione dei problemi, alla gestione corretta dei rapporti, al rispetto delle posizioni e delle persone sono le skill migliori che possiamo avere.
Perché suggerire a un giovane di intraprendere questa professione?
Perché è la professione più umana e più bella di questi tempi e lo è perché entra nei temi della vita sociale ed economica del Paese e delle persone. Andiamo oltre i numeri e le buste paga, per noi si tratta di gestire le persone, quindi al di là della preparazione giuridica un consulente del lavoro deve avere una buona dose di umanità. Dobbiamo andare alla ricerca del benessere in azienda e dell’accordo fra le persone e fra dipendenti e datore di lavoro, riscontrando che la produttività aumenta e che le persone sono soddisfatte per noi è importante e quando si verifica la soddisfazione è enorme.
Come vede la forte diffusione dei cosiddetti contratti pirata?
Il consulente del lavoro è una parte terza rispetto al rapporto con imprese e lavoratori, difendiamo la legalità nel mondo del lavoro. La concorrenza deve esserci ma nel rispetto della legalità: siamo in tempi in cui prevalgono la caccia al risparmio e il sotto costo, ma alla fine qualcuno li paga, salvo poi scandalizzarsi quando vediamo categorie pagate tre euro l’ora. Vediamo come soprattutto a Milano la magistratura stia intervenendo anche pesantemente sul sottocosto del lavoro: fare i consulenti del lavoro ci porta ad avere una sensibilità diversa in cui il rispetto è fondamentale. E’ il messaggio più importante che cerchiamo di dare ai giovani praticanti. Abbiamo una responsabilità importante nel mondo del lavoro, guai a farla venir meno.
© RIPRODUZIONE RISERVATA