Sondrio, le piccole imprese trainano l’economia locale

In Valtellina le micro imprese sono agili e flessibili, capaci di adattarsi ai cambiamenti dei mercati. Il 79,5% degli addetti lavora all’interno di aziende con meno di 50 dipendenti Criticità su credito e innovazione.

Sondrio

Piccole imprese traino dell’economia valtellinese. La provincia di Sondrio si conferma terreno fertile per le realtà imprenditoriali più piccole, un modello economico diffuso che richiama - e in certi aspetti amplifica - la struttura produttiva italiana. A evidenziarlo sono anche gli ultimi dati elaborati dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre, che sottolineano come in Italia le Pmi rappresentino un vero pilastro dell’economia nazionale. E Sondrio, in questo contesto, emerge come una delle province con la più alta incidenza di lavoro generato da attività di piccola dimensione.

Sul territorio, secondo i dati della Cgia, operano 56.969 imprese, delle quali 45.300 sono micro o piccole realtà: una netta predominanza che si riflette anche a livello occupazionale. Qui, infatti, il 79,5% degli addetti lavora all’interno di aziende con meno di 50 dipendenti (e spesso sono molto meno di 50 trattandosi di tante imprese nominali e familiari), una percentuale che supera di gran lunga quella registrata nelle principali aree urbane italiane e che colloca Sondrio tra le province più “Pmi-centriche” del paese.

Un tratto che trova spiegazione nella morfologia del territorio e nelle dinamiche socioeconomiche valtellinesi. La valle ha costruito nel tempo un tessuto produttivo capace di unire tradizione e innovazione: imprese spesso familiari, legate alla qualità artigianale, all’agroalimentare d’eccellenza, ai servizi per il turismo e alla manifattura specializzata. Realtà piccole ma versatili, che rappresentano l’ossatura economica di un’area montana in cui, tolte alcune eccezioni, la grande industria non ha mai trovato spazi significativi.

Il quadro tracciato dalla Cgia a livello nazionale aiuta a capire meglio questo scenario. Le Pmi italiane sono oltre 4,7 milioni, pari al 99,9% del totale, e garantiscono lavoro a 14,2 milioni di persone (76,4% degli occupati). Numeri che testimoniano una predominanza strutturale. Non solo: le imprese italiane con meno di 250 addetti, confrontate con quelle di pari dimensione europee, primeggiano per produttività, fatturato e valore aggiunto. Anche rispetto alla Germania, le Pmi italiane risultano più performanti in molte categorie. Caso diverso quello della Lombardia che con 2.966.720 piccole e medie imprese su un totale di 4.569.825 ha un’incidenza del 64,9%: la più bassa in Italia.

Sondrio e la Valtellina, in controtendenza rispetto al territorio regionale, incarnano con caratteristiche accentuate il modello «piccolo». La forza di un sistema fortemente frammentato risiede nella sua resilienza: la flessibilità tipica delle micro imprese permette una rapidità di adattamento difficilmente replicabile dalle grandi strutture. Nel turismo, nell’artigianato, nell’alimentare e nella manifattura leggera, questa agilità si traduce in un’offerta capace di evolvere seguendo i cambiamenti dei mercati e delle stagioni.

Un modello che però porta con sé anche alcune criticità. Le piccole realtà spesso devono confrontarsi con limiti strutturali: capitale ridotto, accesso al credito complicato, difficoltà nell’investire in ricerca e innovazione, ma anche la difficoltà nel ricambio generazionale. Sfide che, come sottolinea la Cgia anche a livello nazionale, rappresentano il principale ostacolo alla crescita e alla piena competitività internazionale del sistema delle Pmi. In Valtellina, dove la presenza di grandi aziende, multinazionali o gruppi finanziari è molto contenuta, questi limiti rischiano di essere più sentiti.

La strada per il futuro passa quindi dal rafforzamento del tessuto imprenditoriale esistente: favorire reti tra aziende, investire nella formazione tecnica, incentivare l’innovazione nei settori tradizionali, valorizzare la qualità artigianale che già distingue le produzioni locali.

In un contesto nazionale ed europeo in cui le Pmi restano decisive, Sondrio conferma una vocazione che non è solo identitaria, ma profondamente economica. E i numeri, quelli della Cgia di Mestre, raccontano che questo modello, se sostenuto, può continuare a essere uno dei principali motori dello sviluppo locale.

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