Questo Lecco fa gola a tanti

Secondo indiscrezioni, quattro o cinque potenziali compratori si sono fatti avanti per acquistare la maggioranza della società bluceleste

Lecco

Il calcio è così. Irrazionale. Fai tutto bene, dai un’organizzazione alla società, ma perdi, anzi rischi di retrocedere, e nessuno ti vuole. Prosegui nel progetto, che è difficile possa dare frutti in pochi mesi, e cominci, dopo appena una stagione, a raccogliere i primi frutti, sul campo s’intende. E quelli che ti trattavano come un appestato, ti vedono bello, attraente. È la storia del Lecco che da Cenerentola si sta trasformando in Principe Azzurro, almeno nel complesso mondo delle società più appetibili e appetite del calcio italiano. Dopo le discussioni sullo stadio e sulla volontà di Aliberti di avere contrattazioni serie, basate su dati reali, con l’amministrazione comunale, si scopre che lo stadio potrebbe essere parte di un puzzle molto più complesso, fatto di interessi, certo, ma, da parte della proprietà, soprattutto di orgoglio bluceleste.

Insomma, ci sarebbero almeno quattro o cinque compratori pronti a dialogare con la famiglia Aliberti per ritirare la maggioranza della società. A parole, per ora. Nessuna due diligence, nessuna richiesta di documentazioni. Solamente abboccamenti, richiesta di informazioni. I primi «accostamenti», insomma. Come a una bella donna, al gran ballo. Sguardi, ammiccamenti, e poi in fila a dare il bigliettino con le proprie «credenziali» per poter ballare il prossimo valzer e parlare, farsi conoscere.

Niente di più di questo. Però un qualcosa che rompe nettamente con il passato. Con Paolo Di Nunno, alle soglie della serie B, durante il campionato e poi durante i play-off, nessuno pare si fosse fatto avanti. Un po’ perché Di Nunno non aveva, nonostante le continue denunce del tipo «Nessuno mi aiuta», mai avuto intenzione di vendere. Cercava sponsor, soci di minoranza, partner... Ma chi vorrebbe buttare soldi in un’azienda in cui non puoi decidere nulla? In questo Aniello Aliberti è ben diverso: conosce le regole del gioco. Sa che se uno viene con i soldi in mano, bisogna dargli non solo quote, ma anche il potere decisionale. La questione stadio è anche un modo di preservare il proprio valore societario e quello della più storica e prestigiosa società del lecchese: chi comprerebbe una società in uno stadio da rifare e sul quale il Comune, apparentemente, non vuole investire o vuole solamente fare scambi (lavori contro scomputo di canoni)? Ma su questo il presidente Aliberti è molto onesto. Non lo fa, il discorso stadio, per interesse. Innanzitutto perché a tutti i «corteggiatori» la società avrebbe detto «no grazie», per ora. Ovvero non si sarebbe andati oltre alle parole. E perché ad Aliberti il giocattolo piace e vuole tenerselo almeno finché sarà in grado di farlo funzionare al meglio, come oggi. I buoni risultati sul campo sono il preludio dell’impegno futuro. Per lo stadio Aliberti lotta per il Lecco, non per sé stesso. Per il futuro della società, che sia diretta da lui o da altri. I possibili acquirenti? Tutti stranieri. Privati e holding. Dalla società, purtroppo, bocche cucite. «No comment». Il che vuol dire che qualcosa c’è. E che se ne potrà parlarne, ma non prima di uno-due anni come sempre annunciato. Magari, prima, una partecipazione minoritaria e poi chissà... Ma la notizia nuova è che, finalmente, il Lecco fa gola a qualcuno... E non è poco.

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