Cronaca / Lecco città
Domenica 18 Giugno 2017
Lecco, la Leuci e l’amianto
«Noi, madri con la paura di respirare»
Viaggio tra i vicini di casa dei capannoni abbandonati della vecchia fabbrica di via XI febbraio - «Una finestra aperta durante un temporale, ce ne siamo accorti così. Sollecitiamo tutte le parti da oltre un anno»
I cittadini sono preoccupati. La foto di quelle lastre di eternit frantumate ha reso in modo plastico la crudezza della situazione a contatto della quale si trovano, complici le correnti, migliaia e migliaia di cittadini.
C’è qualcuno, però, che alla Leuci è molto più vicino degli altri. Si tratta dei residenti del complesso residenziale ubicato al civico 21 di via XI Febbraio, il cui giardino confina proprio con una delle coperture in cemento-amianto dell’azienda abbandonata. Il vecchio spaccio, infatti, è ubicato proprio a pochi metri da una delle palazzine abitate da decine di persone. In questo caso il tetto pare ancora integro; ma la presenza, a poca distanza, delle lastre spezzate – dalle quali dunque le fibre di amianto, altamente tossico, si possono diffondere ovunque – lascia poco tranquilli.
Affacciato alla finestra
«Ad accorgersi della situazione, ormai qualche tempo fa, è stato un vicino di casa che, affacciandosi dalla sua finestra al quarto piano durante una tempesta, ha visto pezzi di tetto che andavano ovunque – spiega Roberta Albanese -. Da oltre un anno attraverso l’amministratore del nostro complesso stiamo sollecitando interventi con tutte le parti in causa, ma senza risultati. E intanto il tempo passa, con le fibre di amianto in balia del vento. Io ho due bambini piccoli, ma questa situazione riguarda tutti, perché con le correnti le microparticelle di materiale tossico possono percorrere chilometri».
La preoccupazione è diffusa, tra chi è consapevole della situazione, anche se qualcuno si mostra fatalista. «Ci sono sicuramente tante altre strutture in condizioni analoghe ma delle quali non sappiamo nulla – dice una donna -. Dovrebbero essere le istituzioni a intervenire, perché come cittadini possiamo fare poco o nulla».
Una posizione condivisa da un altro condomino. «È l’Ats che dovrebbe prendere in mano la situazione. La preoccupazione è tanta: speriamo che la proprietà decida finalmente di collaborare, perché le foto dicono chiaramente che non c’è tempo da perdere».
Esposizione pericolosa
Eleonora Sironi e Rosa Caricato esprimono a loro volta tutto il timore causato da questa vicenda. «L’esposizione alle fibre di amianto è estremamente pericolosa. Dovrebbero intervenire subito, perché qui in gioco c’è la salute della gente».
Lungo il perimetro del complesso incontriamo un’altra residente, che rimarca la sua paura per la vicenda. «Siamo davvero preoccupati: si vedono chiaramente i pezzi di tetto spezzati. È fondamentale che le autorità intervengano per mettere la zona in sicurezza. Ma la burocrazia non aiuta e ci chiediamo per quanto tempo ancora resterà tutto così. Magari per anni, e noi saremo costretti a respirare quest’aria».
Le ex operaie
Proprio davanti all’ingresso della ex Leuci, nel cui piazzale sono sempre più evidenti i segni dell’abbandono, incontriamo due donne che nella storica azienda hanno lavorato per decenni. E che, a loro volta, temono per la propria salute e per quella di chi vive nei dintorni.
«Ho lavorato qui per 40 anni – ricorda Rosaria Piazzoni -. È’ una vergogna lasciar andare tutto in questo modo. Non solo perché quest’azienda ha fatto la storia della città e di tanti cittadini, ma soprattutto per la salute degli abitanti. Si immagina con questo vento (ieri mattina in zona era fortissimo, ndr) fino a dove le fibre di amianto possono arrivare? Serve porre fine al rimpallo di responsabilità e metterci mano».
Caterina Ramundo, invece, si sofferma su un aspetto diverso. «Ci abbiamo lavorato per quarant’anni e nessuno ci ha mai detto nulla. Chissà». Se allora allo stabile era garantita manutenzione costante, con la chiusura della fabbrica non è più così.
Nuovi aggiornamenti sul caso nell’edizione de “La Provincia di Lecco” in edicola domani, lunedì 19 giugno
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