
Cronaca / Lecco città
Sabato 24 Maggio 2025
«Lecco, una provincia senza dottori». La denuncia di Azione
I dati pubblicati nei giorni scorsi da “Il Sole 24 Ore” collocano il territorio lecchese al quintultimo posto in Italia per rapporto tra medici di base e cittadini
In provincia di Lecco si sta consumando una silenziosa ma gravissima emergenza sanitaria. Lo segnala il partito Azione, commentando i dati pubblicati nei giorni scorsi da Il Sole 24 Ore, che collocano il territorio lecchese al quintultimo posto in Italia per rapporto tra medici di base e cittadini: un solo medico ogni 1.700 pazienti.
Un dato che, secondo Azione, certifica un fallimento nella programmazione sanitaria regionale. “La situazione è critica e ormai strutturale – denunciano dal partito – e la responsabilità è di Regione Lombardia, a cui spetta la gestione della sanità territoriale”.
Un sistema al collasso
Nel Lecchese, la media è rimasta pressoché stabile dal 2023: un medico ogni 1.700-2.000 abitanti, a fronte di uno standard ottimale di uno ogni 1.200. L’ASST Lecco nel giugno 2024 stimava oltre 500 cittadini privi di medico di famiglia solo nel capoluogo, con l’obiettivo di ridurli tramite incarichi provvisori. Ma all’orizzonte si profilano nuove difficoltà: entro il 2026 sono previsti 14 pensionamenti, senza certezze sul ricambio.
Una crisi che non si ferma ai confini provinciali. In tutta la Lombardia mancano all’appello 1.435 medici di base, e per ogni tre professionisti che vanno in pensione, solo uno viene sostituito. Una sproporzione che fotografa, secondo Azione, “una programmazione completamente inadeguata”.
La testimonianza dei giovani e degli operatori
A raccontare la situazione dall’interno è Pietro Andrea Arpaia, studente in medicina residente a Monticello: «La Regione ha ammesso l’errore, cercando di rimediare con più borse di studio e permettendo ai medici in formazione di seguire pazienti. Ma le misure non bastano: le iscrizioni ai corsi restano basse e il mestiere è percepito come sempre meno attrattivo, svuotato dal peso della burocrazia».
Anche Eleonora Lavelli, segretaria provinciale di Azione, interviene sul tema: «La medicina di base è il primo presidio del diritto alla salute. Senza medici di famiglia, i cittadini finiscono nei pronto soccorso o sono costretti a lunghi spostamenti. Il diritto alla prevenzione non può restare solo sulla carta».
La proposta: Case di Comunità, ma servono anche persone
Secondo Azione, la soluzione può partire dal rafforzamento delle Case di Comunità, previste dal PNRR e già finanziate in varie località del territorio – tra cui Bellano, Calolziocorte, Casatenovo, Introbio, Lecco, Merate, Olgiate Molgora e Oggiono. Tuttavia, denunciano, “gli immobili ci sono, ma mancano i professionisti”.
«Occorre riempire questi spazi con team multidisciplinari: medici associati, infermieri, pediatri, specialisti, assistenti sociali – spiega Rosaura Fumagalli, ex sindaca di Cassago e membro dei direttivi regionale e provinciale di Azione –. È urgente smettere di concentrarsi solo sulla struttura e iniziare a programmare concretamente il personale che deve occuparsene».
Rimettere al centro il medico
«Bisogna anche ridurre il peso della medicina difensiva, frutto della sfiducia e dell’eccessiva burocrazia – aggiunge Arpaia –. Un medico sommerso da carte e timori legali è un medico che ha meno tempo per curare davvero».
L’appello di Azione è chiaro: «Servono più medici, ma anche un sistema che li valorizzi, li supporti e consenta loro di lavorare con serenità. Solo così potremo costruire una sanità territoriale vicina, umana ed efficiente. Per il bene di tutta la comunità».
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