Ospedale, dimissioni e reparti ridotti. Sempre più incerto il futuro del Mandic

Il caso Il primario di ginecologia se ne va, attive due sale operatorie su sei, sempre meno letti. Brivio: «Capiamo la razionalizzazione. Ma vogliamo che qualcuno ci spieghi qual è il disegno»

«Questa è la ciliegina sulla torta. Ora, sarebbe bello sapere: cosa ha intenzione di fare il direttore generale Paolo Favini? Bisognerebbe capire come e quando intende muoversi per trovare i medici che sostituiranno i due che se ne andranno e che cosa vuole fare del punto nascite».

A formulare le domande che molti si pongono dopo che il primario Gregorio Del Boca e la sua assistente Anna Biffi hanno consegnato il preavviso di tre mesi che li vedrà lasciare il reparto di ginecologia e ostetricia del Mandic il prossimo 31 ottobre, è Giuditta Pacchiarini, tra le principali referenti del Comitato di salvaguardia del Mandic, che da anni si batte contro l’impoverimento dell’ospedale cittadino.

«Nulla da dichiarare»

Peccato che il direttore generale, attraverso l’addetta stampa, nonostante il terremoto di Merate, sostenga di non avere «nulla da dichiarare». Eppure, come elenca puntigliosamente Pacchiarini, di cose da commentare ce ne sarebbero tantissime. Forse, proprio perché non ha «nulla da dire», Favini, così come i dirigenti regionali, a metà luglio aveva pensato bene di non partecipare al confronto indetto dai sindaci di Meratese e Casatese.

Da anni, però, a Merate le cose vanno sempre peggio. E quel che infastidisce tutti è che non si capisce quali siano le intenzioni della dirigenza.

La situazione

«La psichiatria - rammenta Pacchiarini - è chiusa da due anni. Doveva riaprire a settembre 2021. Invece, nulla. Nel frattempo, tra ospedale e territorio, se ne sono andati 13 medici. Gli infermieri sono stati dirottati su altri reparti. Rianimazione e pronto soccorso stanno in piedi grazie a personale privato che costa tantissimo e copre turni di dodici ore. Anche in pediatria sono arrivati quelli che lavorano a gettone. Delle sei camere operatorie, ne funzionano soltanto due. Alcune specialità, in pochi anni, hanno visto le sedute settimanali passare da cinque a una. Un esempio: ortopedia. I reparti di chirurgia, ginecologia, otorino e ortopedia stanno ormai su un unico piano, con un numero di letti ridottissimo».

Il bollettino, che racconta di un ospedale in dismissione, non può che concludersi con una domanda: qual è il piano?

«Vorremmo sapere che cosa intendono fare con il Mandic. Chiuderlo? Riconvertirlo in una struttura per la lungodegenza? Specializzarlo per qualche reparto e portare gli altri a Lecco?», la domanda che riecheggia a Merate ma che a Lecco continuano a ignorare.

«La questione del punto nascite - commenta Paolo Brivio, sindaco di Osnago, appena nominato presidente dell’ambito del distretto di Merate, cui afferiscono 24 Comuni - era tra quelle che avremmo voluto discutere con Favini se si fosse presentato all’appuntamento. A ottobre, l’ambito, che ora ha competenza solo sul sociale, ne avrà anche sul sanitario. Quindi, a quel punto, l’Asst non ci potrà più ignorare. Come sindaci, siamo preoccupati di quello che sta accadendo. Non pretendiamo che il Mandic abbia tutte le specialità. Comprendiamo la necessità di razionalizzare. Ma vogliamo che qualcuno ci spieghi qual è il disegno. Per questo, nell’attesa che arrivi ottobre, a Favini chiediamo di non prendere ulteriori decisioni o disporre di nuove chiusure».

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