Annone, Tony Effe arriva in elicottero
E poi dice sì a tutte le foto

Al Nameless un boato accoglie AfroJack, cantano tutti con Paki e la Dark polo

Lo sbarco di Tony Effe al Nameless in elicottero è epico come quello di Tom Cruise al festival di Cannes. «Tony!», urlano i ragazzi che si stavano domandando chi ci fosse a bordo. Corrono verso di lui, facendo cadere le transenne, ma una golf cart è già pronta per caricarlo e portarlo ai camerini.

Canzoni a memoria

Divertiti dalla scena, i giovani tornano a camminare sul vialetto che separa il primo ingresso del Nameless all’area dove si trovano i due palchi, uno per la tecno, uno per i rapper, dove si stanno esibendo Geolier e Paky Glory, mentre il pubblico entusiasta canta con loro.

Tony Effe aspetta il suo turno, vestito Celine dal cappellino alle calze, (le scarpe sono Nike) con tanto di cartellino che penzola su un fianco dei pantaloncini. Ha un paio di occhiali spaziali e collane di diamanti che brillano come quelli inseriti nei suoi bianchissimi denti. Con la sua grande simpatia, si presta a tutte le foto che gli vengono chieste nel backstage. Lo stesso vale per Pyrex e Wayne, gli altri due membri della Dark Polo Gang, che lo raggiungono poco dopo.

Sono il faro di punta della serata con Lil Pump, ma tutti quelli che sono al Nameless hanno l’ammirazione dei partecipanti.

«Possiamo fare una foto?», è il mantra del festival per chi riesce a vedere gli artisti da vicino. Ricercatissimi Francesco Facchinetti, Boro Boro, Geolier, Night Skinny, Luchè che si era esibito la sera prima con Noyz Narcos, Ernia, J Lord, Rhove, Shiva, Taxy B, Boss Doms, uno più gentile dell’altro ad accontentare le richieste. Al massimo dicono “dopo”, dopo l’esibizione, nella quale danno veramente tutto.
Salgono sul palco perfetti nei loro look studiatissimi, ed escono grondanti di sudore per l’impegno profuso.

I ragazzi sono sotto i tendoni a ballare e a saltare, con le braccia alzate, in una mano hanno il telefonino in modalità video per immortalare l’evento. Perché il Nameless è un evento, «un festival della musica, non un rave» come ha detto l’ideatore Alberto Fumagalli che gira per l’area insieme a Federico Cirillo manager di Universal e a un imponente servizio di sicurezza per fare in modo che tutto vada liscio. A partire dal volume della musica che non è per niente alto.

La mongolfiera

Quattro serate di concerti che cominciano al pomeriggio e finiscono massimo a mezzanotte, con i ragazzi che come sono arrivati composti lungo il vialetto, composti lo ripercorrono all’uscita, diretti ai pullman che li riporteranno a casa. I ragazzi e le ragazze, che sono tante, tutte vestite in stile Coachella, top, pantaloncini, brillantini sulla fronte, jeans strappati e doctor Martens o scarpe da ginnastica. Ci sono anche coppie straniere in coda per salire sulla mongolfiera di Molinari. “It’s free? Ah, it’s not free, 10 euro?”. “Ok non è gratis. facciamo lo stesso”, rispondono sia la coppia straniera sia quella romana, prima di andare a pagare.

La mongolfiera spinta dal fuoco sale di qualche metro e tutti possono immortalare la scena, con le montagne intorno. Nell’aria odore di salamelle, sigarette e estate. «Però adesso basta spendere - commenta la ragazza italiana - Anche i drink, dieci euro, al massimo beviamo fuori. Qui prendiamo solo le acquette ,toh». I prezzi sono anche un modo per non farli esagerare con l’alcol e la tecnica funziona, anche se qualcuno deve ancora imparare a centrare i cestini, che pure ci sono, e a non lasciare piatti e i bicchieri sul prato.

Afrojack, alto due metri e 8, sale sul palco della musica elettrica accolto da un boato, acclamatissimo come la moglie Elettra Lamborghini che è lì con lui. Tony Effe torna dal palco senza scarpe, portato a spalla, con addosso solo i pantaloncini. Lil Pump, non molto alto, compare di corsa, facendo ciondolare le treccine colorate sulla faccia, circondato da guardie del corpo. I ragazzi gli urlano “Esghere”, e lui risponde veloce con un cenno, poi torna indietro per qualcosa, ritorna di corsa ed esce poco dopo dal camerino, sempre di corsa, diretto al palco con uno zaino in spalla.

C’è chi lo aspetta da nove ore, come Thomas Vassena e la fidanzata Valeria. «Siamo arrivati presto perché volevamo essere in prima fila», dicono i due giovani. «E ma dai, era più bravo Paki», commentano altri lasciando l’area. Ognuno ha le sue preferenze, ma il Nameless ha centrato l’obiettivo. Ha spazzato via le paure del Covid e riportato la felicità tra i ragazzi, per di più in un posto dove, di solito, non succede mai niente.

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