Canapa, serve riconvertire: «Coltiviamo le zucchine»

Un crollo improvviso dell’80-90% delle stime sul fatturato e la previsione di una complicata risalita attraverso la diversificazione delle produzioni, processo, quest’ultimo, fortunatamente iniziato due anni fa con nuovi investimenti e che ha ora una strada già tracciata sul futuro. Sono queste, in estrema sintesi, le conseguenze piombate su Mec Cannabis , l’azienda fondata nel 2017 dal meratese Marco Tosi e Davide Fumagalli per la coltivazione di canapa, coltivazione su cui si è abbattuta dal 12 aprile la scure dell’articolo 18 del Decreto Sicurezza 2025 che vieta la coltivazione, lavorazione e vendita delle infiorescenze di cannabis light.

«Il nostro diversificare – sottolinea Tosi - non è legato al Dl ma è un investimento pianificato da tempo. Al di là di una sicurezza economica, di una maggiore sicurezza delle produzioni date le problematiche legate al cambiamento climatico, della rotazione dei terreni per l’alternanza delle colture, il nostro intento nella diversificazione va nella direzione di apprendere un’agricoltura più ampia e completa. E’ un processo complesso in agricoltura, basti pensare ad esempio che per poter firmare un contratto realtà importanti hanno necessità di tre anni di produzione-test, durante la quale non c’è garanzia di ritiro. Noi abbiamo iniziato a diversificare con la coltivazione di zucchine che dovremmo andare a vendere alla Gdo».

La produzione di canapa dunque fino a poche settimane fa costituiva pressoché il totale dell’attività aziendale, iniziata quasi 9 anni fa in uno spazio di 100 metri quadri e cresciuta fino ad arrivare ad avere oggi 9 dipendenti, 8 ettari di campagna aperta sui territori del Milanese, a Gorgonzola e Gessate, un ettaro di serra e 300 metri quadri di magazzino post produzione: «È impensabile – aggiunge Tosi - che dal 13 aprile tutto ciò sia rapidamente modificabile in altro modo. Sul territorio europeo c’è un mercato che richiede questo prodotto. Il Dl ha demolito il produttore italiano, soprattutto se vivaista. Noi siamo anche vivaio: nel 2024 ho venduto 100mila piantine, nell’aprile di quest’anno duecento. L’anno scorso abbiamo investito 200mila euro solo per l’ultimo sistema di anticipazione dei raccolti per la canapa, e abbiamo da pagare tutti i mesi 9 dipendenti».

Tosi confida che anche in Italia la legislazione sul tema faccia una retromarcia come in Francia, confidando in una modifica prima della conversione in legge di una misura per la quale glli assessori all’Agricoltura riuniti nella commissione Politiche agricole della Conferenza delle Regioni chiedono di riscrivere l’articolo 18.

«Ora ci attendiamo un chiarimento anche su un altro aspetto – conclude Tosi -: quando abbiamo aperto le nostre attività abbiamo ricevuto contributi pubblici europei a fondo perduto per l’avvio di attività agricola. Altri contributi di settore prevedono che l’attività resti in vita per un determinato periodo di tempo, ma se si è forzati ad interromperla da una condizione esterna, in questo caso il Dl, il legislatore dovrà ora dire come gestire la situazione. Su questo non si fa chiarezza perché il sentimento comune da parte politica è dire che non è vero che il Dl distrugge la filiera. C’è un distacco dalla realtà, finché non si mettono i piedi per terra non si può ragionare».

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