
La
peste
è riuscita a instaurare un regno di terrore durato secoli grazie a un
unico gene
, che
si è evoluto rendendo il batterio meno aggressivo
ma più
facilmente trasmissibile
anche in ambienti con una ridotta popolazione di ratti. Lo indica sulla rivista Science lo
studio
coordinato da Javier Pizarro-Cerdá dell'Istituto Pasteur di Parigi e da Hendrik Poinar, il genetista della McMaster University (Canada) che 14 anni fa ha
pubblicato
la prima mappa del Dna della Peste Nera.
Nella
storia umana
sono state documentate
tre pandemie di peste
. La prima, conosciuta come la
Peste di Giustiniano
, è scoppiata nel bacino del Mediterraneo nel
VI secolo
. La seconda pandemia, la cosiddetta
Morte Nera
, è emersa nel
XIV secolo
sterminando il 30-50% della popolazione europea, e poi è ricomparsa a più riprese in Europa per oltre 500 anni. Infine la terza pandemia è partita dall'Asia nel
1850
e si è diffusa in tutti i continenti: ancora oggi persiste con un basso numero di casi localizzati in Uganda, Congo, Stati Uniti e Mongolia.
La pericolosità del
batterio Yersinia pestis
è dovuta a diversi fattori tra cui il
gene pla
: presente con un alto numero di copie, consente al batterio di raggiungere i linfonodi per moltiplicarsi prima di diffondersi al resto del corpo, causando una rapida setticemia.
Studiando centinaia di campioni di antiche vittime di peste, i ricercatori della McMaster University hanno riscontrato una
diminuzione
del
numero di copie
del
gene pla
nelle
fasi tardive
della
prima
e della
seconda pandemia
. A supporto di questa osservazione, gli scienziati dell'Istituto Pasteur hanno studiato la terza pandemia di peste, testando ceppi attuali da campioni conservati in una collezione dell'istituto: hanno così individuato tre campioni di Y. pestis rinvenuti in Asia negli anni '90 in cui il numero totale di geni pla era diminuito.
Nei modelli murini di peste bubbonica, i ricercatori hanno scoperto che la diminuzione del
numero di copie del gene pla
porta a una
riduzione del 20%
della
mortalità
e a un
aumento
della
durata
dell'
infezione
nei roditori colpiti, il che significa che quelli infetti vivono più a lungo potendo così tramettere la malattia a un maggior numero di individui.
"La ridotta virulenza potrebbe conferire al bacillo un
vantaggio selettivo
all'interno di una ridotta densità di popolazione", spiega Javier Pizarro-Cerdá. Questa evoluzione genetica si è verificata in modo casuale e indipendente in ogni ondata di peste e ha portato a una
riduzione della virulenza
che è
probabilmente responsabile
della
fine delle pandemie
.
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