
Ansa Tecnologia
Giovedì 29 Maggio 2025
Parkinson, nanocorpi ripristinano un enzima chiave per i neuroni
Sviluppati dei
frammenti di anticorpi
(chiamati '
nanocorpi
') in grado di
ripristinare
la funzione di una
proteina cruciale
per i neuroni che risulta
difettosa nel
Parkinson
. Il risultato, che potrà
aprire la strada a nuove terapie
, è
pubblicato
sulla rivista Nature Communications da un team di ricerca internazionale coordinato dall'Università di Padova e dal Vib-Vub Center for Structural Biology di Bruxelles. Uno dei più importanti fattori di rischio nello sviluppo della malattia di Parkinson è il malfunzionamento dell'
enzima
chiamato
glucocerebrosidasi
, responsabile della
degradazione
di alcune
classi di lipidi negli 'inceneritori' delle cellule
, i lisosomi. Mutazioni nel gene che codifica per la glucocerebrosidasi possono destabilizzare o ridurre l'attività dell'enzima, causando l'accumulo di un materiale intracellulare non digerito che determina il danneggiamento delle funzioni cellulari di base.
"Un modo per ripristinare la funzione della glucocerebrosidasi è di
stabilizzarla
o attivarla utilizzando i cosiddetti '
chaperoni molecolari
', che sono delle molecole in grado di legarla", spiega Nicoletta Plotegher, docente del Dipartimento di Biologia dell'Università di Padova. "Tuttavia, la maggior parte degli chaperoni che esistono purtroppo
legano il sito attivo
dell'enzima
, bloccando almeno in parte la sua attività, e questo
limita
enormemente la loro
efficacia
. Noi abbiamo sviluppato un
approccio completamente nuovo
per migliorare la funzione della glucocerebrosidasi, utilizzando dei '
nanobodies
', che sono piccoli
frammenti di speciali anticorpi
prodotti dai camelidi. Più precisamente, grazie a un finanziamento della Fondazione Michael J. Fox, abbiamo identificato nanobodies in grado di
stabilizzare o attivare
la glucocerebrosidasi legandosi a regioni dell'enzima lontane dal sito attivo".
I risultati dello studio dimostrano che i nanocorpi possono migliorare l'attività della glucocerebrosidasi in maniera significativa nelle cellule coltivate in provetta, e anche migliorare la funzione di una versione mutata della glucocerebrosidasi che è comunemente associata alla malattia di Parkinson.
"I
risultati
sono ancora
preliminari
- sottolinea la prima autrice dello studio, Chiara Sinisgalli - ma ci permettono di immaginare
nuove terapie
per i pazienti affetti da Parkinson. Per trasformare queste scoperte in strategie innovative per trattare la malattia di Parkinson dovremo continuare i nostri studi, in particolar modo volti a sviluppare nuovi metodi per far arrivare questi nanobodies nelle cellule del cervello danneggiate".
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