
Ansa Tecnologia
Giovedì 08 Maggio 2025
Sotto i Campi Flegrei la crosta terrestre è più debole del normale
Sotto i
Campi Flegrei
la
crosta terrestre
presenta uno
strato più debole
del normale, localizzato
fra 3 e 4 chilometri di profondità
, che potrebbe spiegare il
sollevamento del suolo
e l’
attività sismica
che interessano quest’area: lo indica lo studio guidato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e
pubblicato
sulla rivista Agu Advances, nato dalla collaborazione tra Ingv, Università di Bologna e Università francese di Grenoble-Alpes. La scoperta conferma l’importanza del continuare a studiare il sistema dei Campi Flegrei e del
mantenere alto
il
livello di attenzione
attraverso un monitoraggio continuo.
“Abbiamo individuato un'importante
soglia di transizione
a circa 2,5–2,7 chilometri di profondità”, dice Lucia Pappalardo, che ha coordinato lo studio. “Al di sotto di questa soglia, la
crosta
appare
più porosa e permeabile
del previsto, e quindi
meno resistente
, favorendo l’
accumulo di fluidi magmatici
. Questi fluidi, intrappolati, aumentano progressivamente in volume e pressione – prosegue Pappalardo – innescando deformazioni del suolo e attività sismica”.
I ricercatori hanno estratto campioni di roccia grazie ad un pozzo profondo circa 3 chilometri, e li hanno poi analizzati tramite tecniche avanzate di laboratorio e immagini 3D ad alta risoluzione del sottosuolo. I risultati indicano che lo strato debole, oltre a fungere da trappola per il magma, potrebbe anche influenzare la sua risalita.
Infatti, nel caso in cui la
quantità di magma
sia
piccola
, questo tenderà ad arrestarsi in corrispondenza dell’area più fragile raffreddandosi prima di raggiungere la superficie, in un processo che viene detto di ‘
eruzione abortita
’. Ma
se il magma si accumula rapidamente
potrebbe non avere il tempo di raffreddarsi,
riprendendo la risalita
come osservato nell’ultima eruzione del
1538
, che portò alla formazione del
Monte Nuovo
. Infine, in caso di quantità di magma più elevate, potrebbe
saltare del tutto la fase di sosta
e raggiungere direttamente la superficie.
“Questa ricerca
non influenza direttamente le nostre previsioni a breve termine
, ma è un tassello
fondamentale
per
comprendere
il comportamento del
vulcano
e migliorare la nostra capacità di monitorarlo”, sottolinea Mauro Antonio Di Vito, direttore dell’Osservatorio Vesuviano e co-autore dello studio. “Solo con una conoscenza sempre più dettagliata del sistema vulcanico e della sua dinamica – aggiunge Di Vito – possiamo sperare di anticipare segnali critici e ridurre i rischi per le persone”.
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