Quattro case e un’infinita conoscenza

Forme dell’abitare Alla Biennale di architettura c’erano anche i piccoli rustici di pietra di Vanotti ed Egger. La trasformazione dell’esistente è il filo conduttore dell’installazione che unisce i progetti presentati a Tallinn

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Quattordici lavori scelti su più di 500 progetti esaminati e tra questi le quattro case in pietra dello studio e|v|a architects, l’atelier d’architettura e interior design fondato da Alfredo Vanotti nel 2009, e Laura Egger.

«Forti legami con l’architettura vernacolare delle Prealpi italiane»

C’era anche la sistemazione della sequenza di piccoli rustici di pietra di Vanotti ed Egger alla Biennale di architettura di Tallinn, la Tab, andata in scena fino a dicembre. Un appuntamento, quello nella capitale estone, giunto alla sua settima edizione che ha rappresentato l’occasione per riflettere, ancora una volta, sulle nuove possibili modalità, più sostenibili, nel mondo delle costruzioni. Anche alla luce di quanto sta accadendo nel mondo.

L’obiettivo

Non a caso ad occuparsi della Tab è stata Anhelina Starkova, curatrice ucraina con base a Kharkiv, tra le città più colpite dalla guerra in corso. «L’architettura e le infrastrutture di una città scaturiscono non solo da crisi pubbliche e questioni sanitarie, ma soprattutto dal potere distruttivo della guerra», le sue parole.

Fusione armoniosa di funzionalità, estetica e rispetto per l’ambiente

Secondo Starkova, il distanziamento sociale derivato dalla pandemia prima e dalle guerre poi ha finito per riportare l’attenzione sulle risorse locali. Ecco dunque che la Biennale, dal titolo “Risorse per il futuro”, si è posta l’obiettivo di immaginare come impiegare materiali e tecniche del posto per un’edilizia che sia al servizio di tutti, e non solo di una minoranza privilegiata. Esplorazione della diversità ingegnosa dei materiali architettonici, dei concetti di costruzione e della pianificazione sociale, focalizzata su base locale, ma con una prospettiva mondiale. Nella convinzione che l’architettura sia di fronte alla sfida di operare in condizioni insostenibili e prevalenti che devono essere convertite in risorse per il futuro sviluppo della società.

In questo solco s’inserisce perfettamente il lavoro di Vanotti ed Egger che parte dalle parole dell’architetto svizzero scomparso nel 2020, Luigi Snozzi: «Nulla deve essere inventato; tutto deve essere reinventato!». In esposizione, dunque, i progetti di rinascita di quattro case in pietra naturale - “dal rifugio all’abitazione”-: Casa VI a 920 metri di altezza nel comune di Piateda sulle Alpi Orobie; Ca’ Giovanni a Piateda; Casa F ai 1.120 metri di altitudine di Dalò nel comune di San Giacomo Filippo e Casa S a Pianello del Lario sul lago di Como.

«La costruzione è parte di un continuo processo storico, culturale e sociale»

«Le quattro case in pietra naturale riflettono il nostro legame con l’architettura vernacolare delle Prealpi italiane - spiegano Vanotti ed Egger -. Nello spirito di Luigi Snozzi, consideriamo la costruzione come parte di un continuo processo storico, culturale e sociale, concentrandoci sulle trasformazioni materiali e immateriali. Il nostro obiettivo è lavorare con le risorse esistenti, riutilizzandole per creare una sintesi tra la realtà passata e quella presente in modo ponderato e rispettoso delle risorse, promuovendo così i valori architettonici e sociali futuri».

La trasformazione dell’esistente è stato dunque il filo conduttore dell’installazione presentata a Tallin che ha unito le quattro case.

In esposizione progetti di rinascita a Piateda, Dalò e Pianello del Lario

«I materiali di Ca’ Giovanni mostrano la loro riutilizzabilità, così come l’adattabilità dell’assetto spaziale esistente - ancora i due -. La narrazione del libretto e il video su Casa VI evidenziano la sostenibilità immateriale della casa». I progetti offrono uno spaccato della ricerca degli architetti sulla trasformazione di rifugi in pietra naturale provenienti da contesti diversi in spazi abitativi contemporanei.

L’approccio

Vanotti, classe 1978, e Laura Egger, fotografa, architetto e curatrice con sede a Zurigo collaborano a progetti edilizi, concorsi e progetti di ricerca dal 202.

L’atelier e|v|a architects è stato fondato con una visione chiara e un impegno profondo nei confronti dell’architettura e dell’interior design: ogni progetto deve essere una fusione armoniosa di funzionalità, estetica e rispetto per l’ambiente circostante.

«Ci sforziamo di creare spazi e architetture che non solo soddisfino esigenze pratiche ed estetiche, ma che riflettano anche l’identità e la storia del luogo stesso - dice Vanotti -. La sostenibilità ambientale e culturale dei progetti è per noi un valore fondamentale. L’approccio metodologico di ogni progetto si basa su una ricerca continua, che si traduce in una profonda comprensione della storia, delle caratteristiche fisiche e morfologiche del sito di progetto, nonché in uno studio dettagliato dei materiali tipici dell’area. Questa conoscenza guida la selezione dei materiali, con una preferenza per quelli naturali, che cerchiamo di utilizzare nel modo più semplice possibile».

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