Crisi Melavì: cooperativa verso lo scioglimento, soci senza certezze sul futuro delle mele valtellinesi

Durante l’assemblea dei soci Melavì è emersa tutta la gravità della crisi della cooperativa, avviata allo scioglimento con l’imminente nomina di un commissario. Soci senza compensi e incertezza sul futuro del raccolto. Intanto, si fa strada una proposta per salvare la filiera e valorizzare la mela valtellinese.

Ponte in Valtellina

Preoccupazione e scoramento erano scritti sui volti degli associati che hanno partecipato all’assemblea di Melavì, tenutasi mercoledì al polifunzionale di Villa di Tirano. Un primo incontro è stato riservato ai soci non conferitori, un secondo ai conferitori, ancor più arrabbiati per il fatto di non sapere più come trattare il loro prodotto. Devono ricevere ancora il saldo del raccolto del 2023, non hanno ottenuto niente per il raccolto del 2024 e, ora, hanno lavorato il prodotto per un raccolto del prossimo settembre che non sanno dove allocare. A chi proporre.

É vero, come dice Daniele Pasini, presidente di Melavì, che il mercato delle mele è buono anche in provincia di Sondrio «ci sono possibilità di vendita del prodotto - assicura - al di là e al di fuori della cooperativa», ma buona parte degli associati non ne vuole sapere. In tanti hanno sempre conferito mele di qualità in cooperativa e avrebbero voluto continuare a farlo e apprendere, ora, che non è più possibile, che la società è indebitata e che verrà nominato un commissario dal tribunale per traghettarla verso lo scioglimento è una botta terribile. Anche perché parecchi di loro hanno pure depositato dei soldi sul libretto sociale che, ora non vedranno probabilmente più.

Il bilancio sociale, del resto, parla chiaro e narra di una perdita d’esercizio per il 2024 di quasi quattro milioni di euro, di un tentativo di composizione negoziata della crisi d’impresa che non è andato a buon fine e che ha indotto i vertici ad optare per l’apertura del concordato preventivo e, a breve, il tribunale nominerà un commissario che gestirà la crisi.

«Noi resteremo in carica per due-tre mesi al massimo - dice Daniele Pasini, il presidente -, poi la palla passerà al commissario e si scioglierà la società. Purtroppo non si è potuto agire diversamente perché la situazione era già critica in passato e lo è diventata ancor più negli ultimi mesi in seguito ad un drastico calo, anche, dei conferimenti». Nella stagione 2022-2023 si è scesi sotto gli 80mila quintali, precipitati sotto i 60mila nella stagione successiva e questi apporti così esigui rispetto a quelli dei tempi d’oro, non hanno più permesso di coprire la situazione debitoria. E il problema non è il mercato, perché la mela valtellinese è ottima, eccellente e può competere anche con quella trentina. «É una crisi di vecchia data - dice Pasini -. La fuoriuscita dei soci è iniziata nel 2017, un po’ per campanilismi e un po’ per via dei prezzi delle liquidazioni, e, piano piano, la situazione è diventata insostenibile».

Ora, una volta sciolta la società, i soci, ad oggi obbligati a conferire in Melavì, potranno vendere le mele a chi vorranno e, se interessati, a partire dal 30 maggio prossimo, potranno anche coltivare i 40 ettari di terreno oggi in capo a Melavì e beneficiare del raccolto. Ipotesi che non ha trovato grande seguito, fra i conferitori in assemblea, ma che potrebbe indurre col tempo alcuni di loro a ripensarci e a provare a gestire appezzamenti che verranno curati fino a fine mese e portarli avanti fino al raccolto di settembre. Al più, Melavì ha spiegato che i terreni potranno essere dati in uso a non soci che vorranno, comunque, gestirli per non disperdere il prodotto.

Una situazione davvero limite, in cui, però, si è inserita una proposta interessante lanciata da Giambattista Pruneri, vice presidente di Melavì, sindaco di Tovo Sant’Agata, e assessore in Comunità montana a Tirano. «Visto cha a Tovo ci sono celle e macchinari performanti appartenenti a Melavì - ci ha detto -, per non lasciarli andare a ramengo si potrebbero prendere in affitto per quest’anno e cercare dei produttori di mele in modo da stipare le celle, stoccare il prodotto e lavorarlo per portarlo sul mercato. Ricordiamoci che il prodotto è eccellente e non è giusto renderlo anonimo e venderlo come mela del Trentino o del Piemonte. Propongo di costituirci in associazione ortofrutticola temporanea e invito tutti gli interessanti a contattarmi ed a tentare questa strada».

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