Il kit del Cai per far
ripartire 70 rifugi

Il presidente Torti: «Un saturimetro, un termometro a distanza e uno strumento per la sanificazione»

I rifugi al tempo del coronavirus? Sì, ma con le dovute cautele. Gli amanti della montagna si preparano a riappropriarsi delle adorate vette e pensano a quando, già tra meno di una settimana, potranno iniziare a riprendersi le montagne. Inizialmente, da quanto pare di capire del nuovo Dpcm, saranno consentite passeggiate ed escursioni; ma gli appassionati sperano quanto prima di poter tornare a vivere anche i rifugi, e il Cai si sta attrezzando.

In tv con l’alpinista Barmasse

Il presidente generale Vincenzo Torti, infatti, ha parlato di come ci si stia già organizzando per permettere la riapertura dei rifugi nel corso della chiacchierata in diretta sul canale Instagram dell’alpinista valdostano Hervé Barmasse, che domenica pomeriggio ha promosso un incontro dal titolo “Il futuro degli sport outdoor di montagne e dell’alpinismo ai tempi del coronavirus” a cui hanno assistito circa 1300 persone.

«Con le nostre Commissioni rifugi, medica e tutela ambiente montano vogliamo realizzare in tempi brevissimi un kit da mettere a disposizione dei nostri 327 rifugi e, perché no, anche di quelli che non sono del Cai – ha spiegato Torti -. Questo kit conterrà un saturimetro, un termometro a distanza e, soprattutto, uno strumento di sanificazione. Il progetto è a uno studio avanzatissimo, che dovrà avere validazioni e certificazioni nel più breve tempo possibile. Vogliamo metterlo a disposizione gratuitamente, nonostante i costi non siano indifferenti, perché i rifugisti, che sono imprenditori ma anche operatori culturali della montagna, possano ricominciare a lavorare».

Sono oltre 70 i rifugi in provincia di Sondrio, si trovano ad una quota compresa tra gli 800 e i 3.500 metri. Incastonati tra boschi, pascoli e cime, attendono di poter riaprire I battenti, ma in assoluta sicurezza.

Tra le proposte del presidente del Cai, anche la possibilità di prevedere il pernottamento in tenda al di fuori delle strutture se necessario.

«Non si tratta di campeggio libero, tra l’altro vietato nella stragrande maggioranza delle regioni - ha precisato Vincenzo Torti -. Quando ho proposto questa possibilità parlavo di una cosa diversa: i rifugi che non hanno la possibilità di ospitare, per motivi di capienza limitata o per altri tipi di scelte, potrebbero consentire il pernotto in tenda nei pressi della struttura come una sorta di appoggio».

Servizio ristorante

Il servizio di ristorazione e quelli igienici sarebbero comunque garantiti dal rifugio« che in questo modo potrà avere di un’entrata economica».

«La tenda - aggiunge - è un’idea alternativa al dormire nei cameroni nel caso in cui la capienza non fosse sufficiente, viso che ovviamente dovrà essere limitata per evitare il contagio, oppure nel caso in cui l’ospite non sia dell’idea di dormire con altre persone. Una possibilità, però, solo nel caso in cui la persona abbia già portato con sè una tenda. Tutte idee per favorire la riapertura dei rifugi, che il Cai vuole favorire in tutti i modi, come dimostra il fondo appositamente creato a favore delle Sezioni proprietarie».

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