Lo sci non riparte

ed esplode la rabbia

«Basta prese in giro»

Ieri sera la comunicazione: fermi fino al 5 marzo. La decisione per i timori di nuovi contagi espressi dal Cts

Il dietrofront è arrivato ieri sera alle 19. Dire che fosse del tutto inatteso forse no, perché già dal mattino è stato un susseguirsi di voci, dopo le esternazioni del consulente del ministro, Walter Ricciardi che aveva invocato un nuovo lockdown.

Ma si sperava in un via libera magari limitato, ma in un via libera. Invece no, la notizia ieri pomeriggio è giunta come una bomba: gli impianti che avrebbero dovuto aprire domani resteranno chiusi fino al 5 marzo, almeno.

La nota del Ministero

La giustificazione è sanitaria: «Il provvedimento - spiega una nota del Ministero, - tiene conto dei più recenti dati epidemiologici comunicati venerdì 12 febbraio dall’Istituto Superiore di Sanità, attestanti che la variante inglese caratterizzata da maggiore trasmissibilità, rappresenta una percentuale media del 17,8% sul numero totale dei contagi. La preoccupazione per la diffusione di questa e di altre varianti del virus Covid ha portato all’adozione di misure analoghe in Francia e in Germania. Nel verbale del 12 febbraio, il Comitato Tecnico Scientifico, con specifico riferimento alla riapertura degli impianti sciistici nelle Regioni in area gialla, afferma che allo stato attuale non appaiono sussistenti le condizioni per ulteriori rilasci delle misure contenitive vigenti, incluse quelle previste per il settore sciistico amatoriale. Il Governo si impegna a compensare al più presto gli operatori del settore con adeguati ristori».

Furibondi

Ma al di là delle ragioni sanitarie, quelli che non sono stati digeriti sono modalità e tempi: «Abbiamo speso un sacco di soldi per riaprire in sicurezza - dichiara Beppe Bonseri, amministratore delegato di Santa Caterina Impianti - con vendita skipass online, per allentamenti ai tornelli e, inoltre, ci siamo autoridotti il numero di presenze possibili nella ski-area e ora questa nuova beffa. Ora il Governo Draghi deve solo pensare ad adeguati ristori e non più a fantomatiche date di ripartenza».

Valmalenco

Imbufaliti anche in Valmalenco per questo nuovo stop. «Non è una questione di chiusura di impianti di risalita - afferma Roberto Pinna, direttore del Consorzio turistico Valmalenco e Sondrio - ma di una lenta agonia dei territori montani. Volontà, impegno e investimenti per affrontare al meglio in totale sicurezza la situazione sulle piste da sci sono stati vanificati da decisioni inconcepibili. A 12 ore dalla prevista riapertura un altro dietrofront. La pandemia non esiste da oggi.

Non trova parole nemmeno Marco Rocca, amministratore delegato del Mottolino di Livigno, e consigliere regionale e nazionale Anef: . «Davvero, non so cosa dire - commenta. sconcertato -. Per tutto il giorno abbiamo atteso una decisione. Ma sarà mai possibile conoscere il destino degli impianti meno di 24 ore prima delle presunta apertura?».

. Mariangela Bozzi dell’omonimo hotel di Aprica non usa mezzi termini: «Siamo in ginocchio per una stagione invernale mai partita. E gli hotel, in queste ore, stanno già ricevendo numerose disdette». «Non è possibile venire a sapere la domenica pomeriggio che per il lunedì mattina è tutto cambiato - le fa eco Michela Calvi dell’hotel Stelvio di Bormio -. Non se ne può più con la politica dell’apri e chiudi. «Ci sentiamo presi in giro». Massimo Fossati, presidente degli esercenti funiviari della Lombardia». Il no all’apertura degli impianti, ovviamente, non trova d’accordo nemmeno i Comuni montani, insieme a tutti gli operatori economici. «Abbiamo buttato al vento milioni di euro in quest’ultima settimana. Uno spreco. Ora contiamo i danni - tuona Marco Bussone, presidente dell’Uncem -. Per il personale serve immediatamente un’indennità, la cassa integrazione».

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