Successione nel Pd, «troppe falsità»

Elezione del nuovo segretario archiviata, non lo sono gli strascichi polemici legati alle dichiarazioni che Giovanni Curti ha pronunciato venerdì sera in assemblea e subito dopo la designazione.

Sondrio

A prendere la parola è l’ex Salvatore Ambrosi.Il primo chiarimento è relativo alla candidatura di Roberta Songini, «decisamente da me sostenuta, avendone conosciuta la caparbietà nel lavoro e per un senso di continuità», ma non designata. «La differenza non è solo di forma, perché se l’avessi “designata” si tratterebbe di una sorta di baronia nel disporre le cose, speculare a quella che fa ritenere di avere il potere di sostenere economicamente il partito perché vada avanti non in base alle decisioni delle forze che localmente la maggioranza ha democraticamente scelto, ma solo se in accordo con le esigenze proprie».

L’ex segretario ammette che uno dei mali del Pd, a tutti i livelli, non sono banalmente i disaccordi e le discussioni tra parti, «quanto il fatto che alla fine non si riesce ad accettare una direzione comune e si usano tutte le armi possibili, anche quelle economiche, per ostacolare e rimanere divisi in frange, cercando in qualche modo una supremazia. A questa spaccatura non sono stato capace di rimediare. Anche per questo ho fatto un passo indietro».

Ma detto questo, Ambrosi contesta la definizione di «discordia di questi due anni» usata da Curti nel suo discorso programmatico. «Non c’è persona che abbia frequentato o solo conosciuto gli umori del Pd dalla sua fondazione, e Giovanni è stato con Costanzo, con Ciapponi e con me - dice -, che non sappia quante situazioni convulse a volte ben più dilanianti si sono succedute sin dall’inizio».

E poi c’è la “spinosa questione” del finanziamento sospeso dal senatore Del Barba per la supposta inagibilità della sede da parte del suo collaboratore Gusmeroli, come spiegato da Curti. «Non mi sono mai sognato di vietare, impedire, limitare o dissuadere il collaboratore del senatore a frequentare liberamente gli spazi della sede - chiarisce Ambrosi -. Non fa parte della mia mentalità, non credo sia patrimonio almeno culturale del Pd, né immagino come e quando avrei potuto farlo visto che ci sono in giro quasi più possessori delle chiavi di entrata nell’appartamento che tesserati. Giovanni era presente alla seduta di direzione in cui si è deciso che non avevamo bisogno dell’attività in sede (per noi) di una persona un giorno a settimana, ma che chiedevamo contemporaneamente la continuazione del sussidio».

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