Cronaca / Sondrio e cintura
Martedì 21 Febbraio 2017
Tre mesi tra i ghiacci, la pista per aerei in Antartide è realtà
Rientrato dalla base italiana dell’Enea, il vigile del fuoco Maranga racconta la sua avventura: «Sui camion a -25 gradi» - E ora tra i terremotati.
Il sole alto nel cielo, giorno e notte, in particolare nei mesi di dicembre e gennaio, non lo ha disorientato più di tanto. Ermanno Maranga di Ponte in Valtellina - caporeparto dei Vigili del fuoco di Sondrio, responsabile provinciale e regionale del gruppo movimento terra – era partito l’8 novembre scorso per l’Antartide ed è rientrato da pochi giorni in Valtellina. È riuscito a costruire ritmi lavorativi e di vita equilibrati nella terra dei ghiacci dove – uno dei quattro pompieri prescelti fra i 400 candidati italiani – ha iniziato i lavori di costruzione di un aeroporto.
Una missione importante, targata Italia, nella base italiana dell’Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. «Quando sono stato selezionato, pensavo di dover andar via per un mese, invece poi mi è stato comunicato che la permanenza sarebbe stata di tre mesi che, inizialmente, m’è parsa lunga – afferma Maranga -. Invece il tempo è volato velocemente. Devo ammettere che ho lavorato molto e non ho avuto momenti di noia». Sveglia alle 6,15 di mattina, una telefonata a casa – in Italia era quasi ora di cena, essendoci 12 ore differenza – e poi alle 7,30 si usciva. Prima di costruire la pista dell’aeroporto, Maranga, insieme ad una squadra, ha iniziato a realizzare la strada di accesso alle cave dove si prendeva il materiale.
Un’ora di pausa per il pranzo e poi proseguiva a lavorare fino alle 20. Alla sera c’era il tempo per fare la lavatrice: «Ho imparato lì a lavarmi i vestiti da solo... Mai fatto prima», ammette Maranga. Questo era il ritmo da lunedì alla domenica mattina. Libera, invece, la domenica pomeriggio, ma spesso il pontasco andava lo stesso a lavorare con i mezzi per recuperare qualche giornata persa per via della bufera. «Da noi quando le temperature sono sotto lo zero non si lavora - racconta -, in Antartide, nel periodo in cui sono stato, è estate con temperature che andavano da – 2 gradi centigradi scendendo fino ai – 25 di qualche giorno fa. Dovevamo montare le catene ai camion e affrontare terreni ghiacciati, ma si lavorava tutti i giorni».
Alla sera tutti alla base, formata da container allineati. Una parte era formata da camere, mensa, sala tv e ricreazione, mentre il piano superiore era occupato da alcuni uffici e dalla sala operativa, che gestiva un aereo e due elicotteri che trasportavano gli studiosi nei luoghi di ricerca. «Da un paio di anni c’è internet che consente di poter utilizzare Whatsapp e così, anche solo un messaggio o una breve chiamata era possibile con i miei famigliari – prosegue Maranga -. Diversamente se volevi telefonare in modo tradizionale dovevi fare la coda (una cinquantina di persone era presente nella base), come pure per usare i tre computer disponibili. Ora la base – aperta solo quattro mesi all’anno – è stata chiusa, perché è iniziato l’inverno e sarà riaperta il prossimo mese di ottobre.
Qualche vigile del fuoco sarà richiamato per la missione. «Se mi faranno nuovamente la proposta valuterò – conclude -. Di certo se un giorno atterrerà un aereo in Antartide, potrò dire che è anche merito mio». Dopo una settimana di meritate ferie, da domani Maranga tornerà operativo e ripartirà per le zone del terremoto nel Centro Italia, con il gruppo di movimento terra specializzato nelle demolizioni.
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