
Cronaca / Valchiavenna
Lunedì 13 Agosto 2018
Chiusura del punto nascite a Chiavenna
«Le donne non saranno sole»
Il direttore socio sanitario dell’Asst, Rosella Petrali, rassicura sul futuro del reparto di ostetricia e ginecologia.. «Gravidanza e puerperio continueranno ad essere seguiti. Questione di sicurezza: organico insufficiente».
Le donne verranno seguite a Chiavenna durante la gravidanza e avranno un’ostetrica “case manager”, poi partoriranno in un altro ospedale. Ma dopo pochi giorni torneranno a essere assistite dal personale della struttura della Mera.
Ecco lo scenario che si prospetta dopo la chiusura, non ancora deliberata, ma ormai scontata, del punto nascite del presidio di via della Cereria uscito sconfitto dal ballottaggio con quello di Gravedona. Le novità vengono annunciate da Rosella Petrali, direttore socio sanitario di Asst, l’Azienda socio sanitaria territoriale della Valtellina e Alto Lario.
Dottoressa, la Regione in un comunicato stampa ha messo nero su bianco la parola “chiusura” riferendosi al punto nascite di Chiavenna. Il comitato popolare a difesa dell’ospedale dice «basta» ai tagli e non accetta questa decisione che vede prevalere un ospedale privato, mentre i sindacati criticano l’azienda per le scelte assunte negli ultimi tempi. La situazione, insomma, non è certo delle migliori. Qual è il suo punto di vista?
Non è l’elemento economico quello centrale. È sì vero che i parti e la sanità in montagna costano di più, ma in questo caso non siamo di fronte a un problema di risorse. La sanità in montagna costa di più ed è giusto mantenerla. Ma bisogna essere in grado di farlo. Non stiamo facendo scelte politiche in quanto non ci competono: stiamo valutando unicamente sulla base di aspetti tecnici. Stiamo parlando di standard di sicurezza. Più parti affrontano gli operatori, maggiore capacità di interpretazione delle situazioni critiche riescono ad avere, con la competenza necessaria per affrontare tutti i rischi che ne conseguono per mamma e bambino. A Chiavenna nel 2017 ci sono stati 109 parti. Poco più di due per settimana. La norma nazionale pone come limite, proprio a tutela della sicurezza, la soglia di 500 parti.
Finora si è andati avanti con una deroga.
La deroga ministeriale riguarda solo il numero dei parti, ma non i requisiti di sicurezza. La sicurezza viene garantita sulle 24 ore da ginecologo, pediatra, ostetrica e puericultrice. Sono le quattro figure che devono essere presenti non in reperibilità, ma in guardia attiva. Oltre all’anestesista in presidio. Servono sei professionisti per ciascuna figura per il funzionamento del reparto. Per coprire i turni ci vuole un organico di ventiquattro persone.
Il maggiore problema, secondo quanto emerso, è quello del pediatra.
Dovremmo averne ventuno in azienda, almeno sette per presidio, in realtà sono in tutto nove e presto scenderemo a sette. Non si tratta di una carenza esclusiva della nostra azienda, riguarda purtroppo tutto il Paese. I recenti concorsi non hanno consentito assunzioni di tali specialisti. Se la giunta regionale dovesse decidere di mantenere aperto il punto nascita di Chiavenna avremmo dei seri problemi. Comunque ci stiamo attrezzando, anche perché dobbiamo garantire gli standard a Sondalo che ha ottenuto la deroga, acquisendo necessariamente turni di guardia da aziende esterne. Ci preoccupa meno la situazione dei ginecologici: c’è un concorso aperto e confidiamo di reclutarne alcuni.
Il comitato per l’ospedale sottolinea, sulla base di alcune esperienze concrete di madri chiavennasche, che dopo la chiusura aumenteranno i rischi in caso di vicende complicate a causa dell’aumento dei tempi necessari per raggiungere l’ospedale.
È stato sottoscritto con Areu un protocollo per la gestione di eventuali situazioni di emergenza.
Secondo gli enti locali il calo delle nascite a Chiavenna è dovuto anche all’offerta attuale del reparto.
A Chiavenna e negli altri nostri punti nascita oggi stiamo offrendo un servizio di alta qualità. La scorsa settimana, ad esempio, ho avuto modo di verificare la presenza di una sola donna ricoverata in reparto con ben 4 operatori a sua disposizione. Questo non vuol dire che si sia aderito ai requisiti di sicurezza definiti dallo Stato. Il fatto che non ci sia il pediatra h24, perché in alcune fasce orarie si lavora con la reperibilità, lo conferma.
I sindaci dicono che l’assenza dei servizi ospedalieri favorisce lo spopolamento della montagna.
Sono anch’io “di montagna”, visto che sono originaria dell’Altopiano di Asiago. Credo che dipenda da molte variabili: la sanità, ma anche le opportunità formative e le culturali, per citare alcuni esempi. Comunque mi sento di potere dire che non c’è alcuna relazione fra l’eventuale chiusura del punto nascita e il futuro dell’ospedale. L’obiettivo è il potenziamento del presidio di Chiavenna.
Per quanto riguarda ostetricia e ginecologia cosa significa potenziamento?
Non stiamo dicendo che chiuderemo le attività che riguardano la gravidanza e il puerperio. Stiamo parlando solo ed esclusivamente, dopo l’eventuale decisione regionale, della delocalizzazione della sala parto. La donna sarà seguita in tutto il percorso di gravidanza, partorirà altrove, poi tornerà a essere presa in carico da noi. Non sposteremo le ostetriche: continueranno a lavorare al consultorio familiare che amplierà gli orari e garantirà una reperibilità notturna in appoggio al pronto soccorso.
Nel dettaglio, qualora ci venisse comunicata la chiusura del punto nascita noi potenzieremmo da subito i servizi ambulatoriali in modo che la donna, dalla prima settimana di gravidanza, abbia un riferimento preciso per almeno 12 ore al giorno grazie alla presenza di un’ostetrica al consultorio, ma non solo. Ogni futura madre avrà un’ostetrica “case manager” che la accompagnerà nel percorso di avvicinamento e alla scelta del luogo del parto. Conoscerà la sua storia clinica, sociale e psicologica, le risponderà al telefono in caso di necessità, la riceverà e curerà i contatti con il punto nascita che la donna avrà scelto. Dopo il parto, appena donna e figlio saranno dimessi dall’ospedale, la stessa ostetrica tornerà a farsene carico durante il puerperio.
Come verrà declinata la sinergia con il “Moriggia Pelascini” di cui ha parlato l’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera?
È evidente che per la parte materna infantile andremo a stabilire dei protocolli con Gravedona.
Un ospedale privato accreditato con il quale possiamo costruire un rapporto di collaborazione importante, vista la vicinanza e la preferenza che già mostrano le donne della Valchiavenna verso questa struttura.
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