
Chiavenna
Ferma da 10 anni. Il fronte che fino al 2014 era considerato il più a rischio dal punto di vista del dissesto idrogeologico sul territorio valchiavennasco, quella della Val Genasca, si è praticamente fermato. Lo scivolamento verso valle è minimo e seppur monitorata continuità da Arpa la frana ha smesso di fare paura. Vengono realizzate 4 campagne ogni anno e acquisiti quasi 1,7 milioni di dati e il responso è favorevole.
Dopo quattro anni difficili, dal 2010 al 2014, con otto accelerazioni significative la frana ha smesso di correre. « Da allora la frana non ha registrato movimenti significativi, e gli spostamenti registrati negli ultimi anni risultano in media inferiori a 1,6 centimetri all’anno – si legge nel report di Arpa - ».
E non si parla di una frana di poco conto come ben sanno i valchiavennaschi. L’area totale del dissesto è quantificabile in 7,5 ettari con un volume mobilizzato di circa 660.000 metri cubi. Una frana potenzialmente pericolosa tanto per l’alveo del torrente Liro quanto per il tracciato della statale 36.
Per un fronte che dà segnali positivi, ce n’è uno che in valle continua a preoccupare. Si parla, naturalmente, del dissesto della zona del Monte Mater, in alta Vallespluga. Sopra l’abitato di Madesimo. Anche questo versante controllatissimo da Arpa. «Le campagne di rilevamento geologico e le misure eseguite sino ad oggi evidenziano che il versante, caratterizzato da una ampia, oltre 2 chilometri quadrati Deformazione gravitativa profonda di versante DGPV, vede la presenza di settori caratterizzati da dinamica periglaciale con spostamenti superficiali fino a 15 centimetri l’anno, mentre buona parte del versante risulta interessato da spostamenti legati a una DGPV con velocità di evoluzione più lenta, dell’ordine di 3 centimetri annui». La frana superficiale, insomma, si muove parecchio. Quella profonda molto più lentamente. Il terzo ambito è quello di Gallivaggio, di cui si sa tutto.
La frana è scesa nel 2018, è stata disgaggiata ed è stato realizzato un vallo di protezione enorme. Grossi problemi non ce ne sono. Si parla di altissima quota per il quarto monitoraggio di Arpa, quello del Pizzo Emet, dove la cresta tra i 2400 e i 2800 metri si sposta alla velocità di 1-2 centimetri annui. A valle il versante è più veloce, fino a 8 centimetri annui. Si tratta, però, di un versante poco pericoloso vista l’assenza di infrastrutture e insediamenti. Ultimo fronte monitorato quella della Val Febbraro, siamo sempre in Vallespluga, e precisamente la sponda sinistra tra i 1300 e i 1700 metri di quota. Una frana vecchia riattivatasi 25 anni fa con danneggiamenti alla strada che collega Stabisotto e Ca’ Rasieri. I dati degli ultimi anni raccolti da Arpa hanno evidenziato movimenti localizzati fino a 2 centimetri all’anno.
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