Cronaca / Valchiavenna
Martedì 16 Febbraio 2016
«Sciava davanti a me. Eravamo tranquilli, poi Paride è sparito»
Emanuele Rocca era un amico di Cariboni «Prima di me sono scesi almeno in 40 dal Canalone. Mi trovavo nel posto sbagliato al momento sbagliato»
Mi sono trovato nel posto sbagliato nel momento sbagliato. L’ho ripetuto mille volte a chi me l’ha chiesto»: Emanuele Rocca, 41 anni, di Erba, da qualche tempo residente a Longone, ripercorre con fatica quei momenti sul canalone di Madesimo, dove sabato ha trovato la morte il 34enne di Colico Paride Cariboni. Rocca conosceva Cariboni, ma in quel momento stava facendo snowboard per conto suo. L’emozione è ancora forte e la voglia di parlare è davvero poca. «Prima di me sono scese almeno 40 persone e il Canalone era aperto. Pensavo di sciare in una situazione di sicurezza. Ero lì in mezzo e ho visto Paride davanti a me. Ero tranquillo. Poi è successo quello che è successo», ha raccontato l’erbese, che di professione fa il decoratore.
Una slavina si è staccata dal costone della montagna ed finita sul Canalone. Rocca e l’altro amico di Cariboni, quello con cui effettivamente il giovane di Colico stava sciando in quella giornata, investiti solo lateralmente dalla valanga, sono riusciti a evitare di rimanere sepolti. Hanno surfato sulla neve con la tavola fino a quando la massa bianca non si è fermata.
A quel punto i due snowboardisti hanno immediatamente attivato l’Arva, l’apparecchiatura che consente di rilevare la presenza delle persone sotto la neve. «La porto sempre con me, per una questione di sicurezza. E comunque ora è obbligatorio per legge, quindi serve averlo», ha aggiunto Rocca, che non vuole sentir parlare di imprudenza o di comportamento incosciente. «Ripeto, mi sentivo tranquillo, perché altri come me hanno percorso quel tratto in quella giornata visto che il Canalone era aperto». Come lui e Cariboni sulla pista ci sarebbe potuto benissimo essere un bambino.
Attivando l’Arva i due amici di Cariboni scampati alla valanga si sono resi conto che nessun segnale proveniva da sotto la neve, ma venivano rilevate solo le presenze in quel posto e cioè le loro due e quelle di altre due persone che nel frattempo erano sopraggiunte. Di Cariboni nessuna traccia. È a quel punto che è scattato l’allarme. La speranza era che Cariboni fosse in fondo alla pista ad aspettare i suoi amici. Paride invece non c’era. Hanno provato a chiamarlo sul cellulare che suonava libero. Il giovane era sepolto sotto la neve. Quindi hanno preso la funivia per risalire fino al Groppera dove hanno chiesto aiuto alla pattuglia del pronto intervento garantito dalla polizia di Stato e dal Soccorso alpino. Cariboni lo hanno trovato subito, complice il fatto che la tavola da sci, spuntava tra le lastre di neve ammassate. Ma ormai erano trascorsi venti minuti dalla tragedia, troppi per poter sperare che il defibrillatore che i soccorritori si erano portati, facesse effetto.
A Madesimo, Paride era di casa, aveva frequentato fin da piccolo la località dove la famiglia ha una casa e faceva parte della società Impianti Val di Lei. Il cordoglio alla famiglia di imprenditori, il cui capostipite è stato il nonno Paride Cariboni, si estende quindi dalla Valchiavenna a Colico passando per l’alto lago comasco fino a Lecco. “Paridino” infatti risiedeva a Gravedona come la famiglia anche se da poco si era stabilito nella villa dei nonni di Colico, dove gestiva l’Immobiliare Grisha che gestisce le attività della famiglia. La passione per lo sport lo accomunava al lago da Gera Lario a Colico ed alla montagna della Valchiavenna dove si rifugiava appena poteva, libero dagli impegni di lavoro.
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