
Cronaca / Tirano e Alta valle
Lunedì 26 Maggio 2025
Valfurva: morto gipeto finito contro i cavi di un impianto sciistico
«Questo grave evento rappresenta una perdita significativa per la biodiversità delle Alpi e un severo richiamo alla necessità di intensificare gli sforzi per una coesistenza armoniosa tra le attività umane e la fauna selvatica», le parole del direttore del settore lombardo del Parco nazionale dello Stelvio, Franco Claretti
Santa Caterina Valfurva
È con profondo dispiacere che il Parco Nazionale dello Stelvio comunica il ritrovamento di un gipeto morto il 30 aprile 2025 in Valle dell’Alpe, nel comprensorio di Santa Caterina. L’animale, un maschio adulto, è stato rinvenuto intorno alle 10:20 del mattino. Da una prima analisi, effettuata dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna in collaborazione con il personale PNS e col supporto del personale della Provincia di Sondrio, è emerso che la causa del decesso è stata una collisione con i cavi dell’impianto di risalita, che pochi giorni prima era stato chiuso per la fine della stagione invernale.
La problematica delle collisioni fra avifauna e cavi di impianti di risalita è ben conosciuta a livello scientifico non solo per il gipeto ma per molte altre specie, per le quali i cavi degli impianti di risalita, diventano una minaccia invisibile e letale. Gli impianti a fune delle seggiovie sono alcune tra le linee più a rischio: con la chiusura degli impianti sono rimossi i sedili, aumentando molto la pericolosità dei cavi per tutti i mesi di inutilizzo degli impianti.
Questo grave evento rappresenta una perdita significativa per la biodiversità del Parco e un severo richiamo alla necessità di intensificare gli sforzi per una coesistenza armoniosa tra le attività umane e la fauna selvatica. La storia peculiare di questo straordinario avvoltoio rende il gipeto (Gypaetus barbatus), una specie altamente simbolica per il Parco dello Stelvio, e per l’intero arco alpino.
Estinto nel corso del XX secolo a causa della persecuzione diretta, dovuta principalmente a superstizioni e false credenze legate al suo peculiare aspetto e alle dimensioni imponenti, è stato reintrodotto con successo a partire dagli anni ’80, nell’ambito di un progetto internazionale che ha visto il Parco dello Stelvio attore in prima linea. Il Parco rappresenta un sito di importanza fondamentale per il successo del progetto di reintroduzione ed in ambito nazionale è l’area protetta con il maggior numero di coppie (sei coppie nel settore lombardo, tre in quello altoatesino e una in quello trentino).
La scomparsa di questo esemplare è quindi un colpo al cuore e all’identità stessa del Parco e un segnale inequivocabile che richiede attenzione e rapida azione. «Il Parco Nazionale dello Stelvio è determinato a intensificare gli sforzi per individuare e implementare soluzioni innovative per mitigare l’impatto delle infrastrutture umane sulla fauna selvatica» spiega Franco Claretti, Direttore del settore lombardo del Parco. «A tal fine, investiremo ulteriormente nella ricerca e nel monitoraggio, collaborando con esperti e partner nazionali e internazionali per sviluppare strategie sempre più efficaci, come l’installazione di dissuasori visivi sui cavi degli impianti di risalita e la realizzazione di studi per individuare le aree più a rischio di collisione». Il Parco Nazionale dello Stelvio invita quindi tutti – progettisti, gestori di impianti, comunità locali, visitatori e amanti della montagna – a partecipare attivamente alla tutela di questo patrimonio inestimabile.
«Con questa morte così simbolica» spiega Luca Pedrotti, coordinatore scientifico del Parco «la natura ci riporta bruscamente alla realtà. La costante ricerca di soluzioni concrete e innovative di coesistenza è una priorità a cui il Parco in primis deve provvedere, attraverso l’investimento nelle attività di conservazione e ricerca, ma a cui la cittadinanza tutta, ognuno con il suo ruolo, deve prendere parte. Solo attraverso un impegno congiunto e un’azione di tutela collettiva potremo garantire un futuro in cui la natura e le attività umane possano realisticamente coesistere, per garantire tanto il nostro benessere psicofisico, quanto quello economico».
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