Cronaca / Tirano e Alta valle
Mercoledì 18 Marzo 2015
Fratel Giosué, via alla beatificazione
Venerdì il vescovo Coletti aprirà il processo al missionario comboniano originario di Valdisotto. Nato nel 1880, era partito per l’Africa nel 1907. Morì 25 anni dopo nel lebbrosario di Kormalan.
Al via il processo verso la beatificazione di fratel Giosué Dei Cas, missionario comboniano di Valdisotto partito per il Sudan nel 1907 e deceduto nel 1932 per attacco di malaria perniciosa.
Venerdì a Sondrio, presso la sede dell’ arcipretura, alle 16 sarà il vescovo della diocesi di Como Diego Coletti a dare il via al cammino verso la beatificazione assieme al postulatore padre Arnaldo Baritussio. Per il processo di Como si prevedono in totale 43 testimoni dei quali 18 locali della Valtellina e 26 comboniani. L’avvio di questa causa sicuramente rappresenta una bella notizia non solo per il suo paese natio ma per tutta l’Alta Valle che negli anni, anche grazie ad alcuni scritti, ha scoperto la figura straordinaria di questo uomo di fede.
Nato ai Buràt, in Valdisotto, il 27 settembre 1880, era il primo di otto fratelli, figlio di Anacleto Dei Cas e di Matilde Canclini. Il coraggio di lasciare tutto per farsi missionario gli venne dopo aver ascoltato a Oga una conferenza di padre Tranquillo Silvestri, tornato dall’Africa centrale. Dal 1907 al 1920 fratel Giosuè si fermerà ininterrottamente a Tonga, nel Sudan e, per un certo periodo dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, nella vicina Lull e poi – dopo una pausa forzata di due anni – vi tornerà ancora dal 1922 al 1924. Il calvario si chiamerà Kormalan, terra dove il governo inglese aveva aperto un lebbrosario e dove fratel Giosuè morirà il 4 dicembre del 1932 dopo aver contratto la malattia dai suoi “fratelli” in terra di missione. Non prima, però, di aver “risollevato” le sorti dei lebbrosi che l’opinione pubblica e le culture consideravano come rifiutati da Dio.
Una vicinanza, quella di fratel Giosuè, che gli costò notevoli critiche da vari settori, sia tra la gente locale che tra i missionari. Ma lui sentiva che lo Spirito lo spingeva in tale direzione. Nessuno poteva entrare e restare nel lebbrosario a meno che non fosse lebbroso. Anche i missionari della vicina missione di Wau vi potevano apparire solo velocemente. Fratel Giosuè entrò nel lebbrosario e vi restò per sempre; vi costruì anche una cappella con il Santissimo.
Tre i chiarissimi segni della presenza di Dio: il missionario, la chiesa e il Santissimo. Così riaccese la speranza e la fede in molte persone.
È considerato un eroe
«Molti lo considerano un eroe - si legge sul sito della Diocesi di Como - , molti lo considerano un santo, sicuramente è un uomo che ha riconosciuto l’amore di Dio per l’umanità, tentando di metterlo in pratica a sua volta».
Proprio l’amministrazione comunale di Valdisotto, nel dicembre scorso, ne ha ricordata la figura assegnandogli, alla memoria (è la prima volta che accade ndr) il premio “ent de Valdesot” nato per tributare un riconoscimento a chi si è impegnato nel sociale, nella crescita umana delle persone. A ritirare il riconoscimento quattro rappresentanti della congregazione dei padri comboniani della quale fratel Giosuè ha fatto parte. La figura di questo uomo di fede è ricordata in due libri, “Lettere”, scritto da don Remo Bracchi e “Fratel Giosuè Dei Cas, lebbroso tra i lebbrosi” di Graziano Pesenti.
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