
Cronaca / Lecco città
Domenica 23 Marzo 2014
Lecco: «L’industria resterà
il traino della nostra economia»
Innocenzo Cipolletta mercoledì 26 marzo sarà a Lecco a presentare il suo libro su fisco e spesa pubblica
«Usciremo dalla crisi diversi: le aziende si stanno spostando su prodotti ad alto valore aggiunto»

LECCO
«Usciremo dalla crisi diversi. Forse più forti». La previsione è di Innocenzo Cipolletta, economista, ma non solo uomo d’accademia, che a differenza di molti suoi colleghi, guarda al bicchiere mezzo pieno, alla forza e alle potenzialità dell’industria italiana.
Il nostro manufatturiero non è quindi sul piano inclinato del declino inarrestabile, ma con fatica, cadute, imprese chiuse, lavora per riposizionarsi su mercati diversi, dove la concorrenza non si batte solo con prezzi più bassi, ma con la tecnologia, l’innovazione, la qualità, i servizi post vendita.
L’industria italiana può contare sulla creatività e su competenze che si sono stratificate negli anni, che - malgrado i ritardi e le inefficienze di sistema - consentono all’Italia di rimanere la seconda fabbrica d’Europa, davanti c’è la Germania, e basta.
«Il nostro tessuto imprenditoriale - spiega l’ex direttore di Confindustria - sta cambiando: stiamo abbandonando le produzioni a basso valore aggiunto per posizionarci su fasce di mercato medio-alte, con prodotti di qualità. E’ un processo che è stato imposto dal mercato: non possiamo competere sui costi, dobbiamo essere capaci di offrire ai clienti prodotti che si distinguono per contenuto tecnologico e innovativo». Nel frattempo, però, si ha l’impressione che il tessuto imprenditoriale si sia impoverito: tante aziende hanno chiuso, molti posti di lavoro sono andati persi. «E’ vero la crisi ha colpito duro. Ma il panorama non è uniforme come sembra. Chi sta bene, le aziende che crescono non si notano, non fanno parlare e scrivere. Preferiscono restare sotto traccia,e così si corre il rischio di vedere un quadro nero uniforme. Ma per fortuna la realtà è un po’ diversa».
Abbiamo sentito Cipolletta perché mercoledì 26 marzo (alle 18) in Camera di commercio a Lecco, sarà ospite di Leggermente, la manifestazione di Confcommercio dedicata ai libri e agli autori. Cipolletta presenterà “In Italia paghiamo troppe tasse. Falso” (100 pagine, 9 euro), edito da Laterza. Viene da far notare che - con un titolo simile - Cipolletta rischia di prendersi uova e pomodori: la sua è una tesi quantomeno impopolare. «Può essere, ma, attraverso un percorso di riflessione, spero di riuscire almeno a ridimensionare la convinzione diffusa che il carico fiscale è eccessivo . Ad esempio, si può ricordare che in Italia, il rapporto tra il totale delle tasse (compresi i contributi sociali) e il Pil è tra i più alti d’Europa: 3,5 punti di Pil in più rispetto alla media continentale. Ma se escludiamo i contributi sociali (che non sono tasse ma un risparmio forzoso) la differenza si riduce (2,8 punti in più): siamo più vicini alla media. E ci sono paesi come Belgio, Finlandia, Svezia, Danimarca Regno Unito che hanno percentuali più elevate delle nostre». Il problema è che da noi non tutti pagano il dovuto. C’è l’evasione fiscale che la politica (per interessi elettorali) non ha mai voluto perseguire con azioni efficaci.
«La lotta all’evasione fiscale - nota Cipolletta - si fa anche con un riequilibrio del prelievo fiscale. Da noi è alto il gettito delle imposte dirette (14,8% del Pil contro una media europea del 12,9%). Ed è elevato il prelievo sul lavoro che supera i livelli di quasi tutti i paesi europei, come è superiore alla media dei nostri partner il contributo delle tasse pagate dalle società. Per contro - annota Cipolletta - in Italia è più basso che altrove il gettito dell’Iva e delle tasse sul patrimonio. E le imposte sui consumi e quelle su beni come la casa sono più difficili da evadere. Tassare i consumi e le proprietà - conclude Cipolletta - consente a molti paesi di evitare o ridurre l’evasione fiscale».
Senza contare - aggiungiamo - che una composizione del gettito fiscale come quella italiana privilegia le rendite a discapito dei soggetti che producono ricchezza con il lavoro; favorisce gli anziani e penalizza i giovani; e non riduce l’ineguaglianza economica e sociale, bloccando la mobilità tra le classi.
Altro punto dolente: la spesa pubblica eccessiva. Cipolletta ricorda gli sprechi e le inefficienze, ma sottolinea anche che la composizione e l’ammontare complessivo della spesa pubblica italiana sono in linea con gli altri paesi europei. Tanti servizi vanno migliorati, e si può senz’altro aumentarne la resa, ma - sottolinea Cipolletta - «in Italia bisogna ricostruire il senso civico dello Stato, il solo capace di far apprezzare i servizi collettivi come un bene prezioso e non come un peso, salvo poi approfittarne».
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