«Serve un segnale

di cambiamento»

Francesco Rivolta, direttore generale di Confcommercio, ospite a Lecco di agenti e rappresentanti

«Il Governo individui due-tre misure e le concretizzi, si può iniziare da fisco e ruolo dello Stato»

LECCO

Cosa fare per uscire dalla crisi? La risposta di Confcommercio è: «Fare. Il Governo deve individuare due-tre misure forti e concretizzarle».

Francesco Rivolta - direttore generale di Confcommercio - è d’accordo con Sergio Marchionne che ha indicato al premier Renzi il metodo di lavoro per uscire dal pantano-Italia. L’indicazione di un metodo può essere interpretata anche come una critica all’annuncite che da più parti è attribuita al Governo.

Azione di pungolo

Annuncite o meno, è un fatto che Confcommercio è tra le associazioni di impresa quella che più critica, o pungola, l’esecutivo. D’altra parte nella crisi che da sette anni impoverisce l’Italia, il commercio e l’edilizia sono i settori che più soffrono e che meno vedono l’uscita dalla recessione.

Consumi che arretrano (secondo i dati di Confcommercio, in otto anni la spesa delle famiglie è diminuita del 7,6%), carico fiscale che si appesantisce, negozi che chiudono.

È la spirale che ha avvolto il commercio, e tutta l’economia italiana, che chiede interventi per provare a far ripartire la domanda. Dove mettere le mani? Francesco Rivolta - era a Lecco per partecipare al convegno interprovinciale “L’agente di commercio: questo (s)conosciuto”, organizzato dalla Fnaarc Lecco (la federazione categoria aderente a Confcommercio) - è convinto che «il sistema statale deve fare un passo indietro. Una serie di funzioni possono essere gestite dai privati che lo potrebbero fare con più efficienza ed efficacia. Gli esempi - spiega Rivolta - sono numerosi, penso ad esempio ad alcune forme di welfare, o a tutte le società collegate o partecipate degli enti locali le cui funzioni sono spesso di incerta definizione. In questo modo - aggiunge il direttore generale di Confcommercio - si potrebbero liberare risorse per utilizzi più produttivi o per ridurre il carico fiscale.Quindi, più che una riforma della pubblica amministrazione è necessaria una revisione dello Stato che dovrebbe mantenere solo funzioni di indirizzo e controllo».

Uno stato che dimagrisce , in teoria (è sempre meglio stare prudenti), dovrebbe anche avere bisogno di meno risorse. E quindi - come rimarca Rivolta - «si potrebbe ridurre il carico fiscale che oggi sulle imprese supera il 54%. È un livello che, specie in un periodo di prolungata crisi come l’attuale, si rivela insostenibile. È evidente - prosegue il direttore generale di Confcommercio - che così si scoraggiano gli investimenti in nuove attività, anche perché le alternative negli impieghi finanziari sono più remunerative e, spesso, meno rischiose».

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