Patente a crediti nei cantieri, Fabi (Ance): «Segnale forte, ma serve una rivoluzione culturale»

«La nuova patente a crediti per imprese e lavoratori autonomi nei cantieri è un primo passo verso un sistema più sicuro e qualificato, ma non basta». Luca Fabi, presidente di Ance Lecco e Sondrio, ne riconosce il valore simbolico e normativo, ma avverte: l’impatto reale dipenderà da come sarà applicata

Lecco e Sondrio

«La sicurezza deve essere fondamentale in qualunque settore – afferma Luca Fabi, presidente di Ance Lecco e Sondrio – Le imprese di costruzioni vi hanno investito, attraverso il sistema degli enti paritetici gestiti insieme da organizzazioni datoriali e sindacati dei lavoratori, ingenti risorse che nel corso dei decenni hanno consentito di formare alla sicurezza generazioni di lavoratori. Si tratta di uno sforzo a cui anche il recente accordo della Conferenza Stato-Regioni sulla formazione in materia di sicurezza ha dato il giusto riconoscimento, valorizzando i percorsi specificamente sviluppati e collaudati dal nostro sistema».

Sulla nuova patente a crediti, Fabi osserva: «È presto per valutarne la portata, che non è ancora stata sviluppata nella sua interezza, ma la sua introduzione è stata una scelta importante del legislatore, che ha colto la necessità di esigere una qualificazione minima per tutte le imprese ed i lavoratori autonomi, anche non strettamente edili, che operano nei cantieri, dove la sicurezza dipende dalla correttezza dei comportamenti di tutti gli attori presenti». Ma la sicurezza, per il presidente di Ance, è anche una questione contrattuale. «La consapevolezza della centralità del cantiere dovrebbe guidare anche le valutazioni sulla lotta all’applicazione di contratti collettivi, certo meno onerosi di quelli edili, ma inadeguati rispetto alle lavorazioni svolte e alle professionalità richieste – sottolinea – Oltre che rappresentare un problema di concorrenza sleale tra imprese, questi contratti possono essere lesivi della sicurezza dei lavoratori perché, ad esempio, non prevedono il ruolo centrale degli enti paritetici». Il tema della formazione è un altro nodo strategico.

«La carenza di validi candidati all’assunzione è una delle emergenze che il nostro settore sta imparando, ormai da alcuni anni, ad affrontare – spiega Fabi – È un fenomeno culturale, quello dell’abbandono da parte dei giovani dei lavori manuali, che ha radici in primo luogo nelle famiglie, le quali orientano i propri figli verso percorsi di studio che aprono a sbocchi nel mercato del lavoro ritenuti, talora a torto, più qualificati e meno faticosi». Sull’immagine dell’edilizia pesa un vecchio pregiudizio. «Sconta il preconcetto di essere un’attività pesante, che costringe a lavorare in condizioni ambientali disagevoli – evidenzia – È necessario superare questo pregiudizio perché, ormai da tempo, il nostro settore offre possibilità di crescita e carriera, consente di esprimere le proprie doti e competenze, garantisce tutele in termini di contratti di lavoro che altri settori non hanno».

Da qui l’impegno diretto sul fronte scuola: «Attraverso il nostro Gruppo Giovani Imprenditori abbiamo avviato un percorso di avvicinamento con il mondo della scuola, a cominciare dalla fase di orientamento dopo la secondaria di primo grado, per proseguire con gli allievi delle scuole per operatori edili e degli istituti tecnici per geometri – racconta Fabi – Vogliamo, attraverso l’incontro e il dialogo con giovani coinvolti in prima persona nel mondo delle imprese edili, accorciare la distanza tra scuola e impresa e favorire una conoscenza diretta del nostro settore, anche tramite la visita a cantieri». Serve però anche un’evoluzione dell’offerta formativa. «Per superare le resistenze che ancora si hanno da parte dei giovani ad iscriversi al corso triennale per muratori, che è gestito dalla Fondazione Clerici, stiamo lavorando insieme ad essa perché, nell’ambito della riforma delle scuole professionali, attraverso l’Ifts prima e l’Its poi un giovane possa decidere, se ha voglia e doti, di completare il proprio percorso di formazione, addirittura arrivando anche all’università – spiega – Ciò vorrebbe dire superare l’attuale situazione che non prevede sbocchi formativi ulteriori per chi frequenta il corso triennale». Infine, la questione della riqualificazione degli adulti. «Quanto alla formazione per adulti disoccupati, che possano trovare occupazione nelle nostre imprese, stiamo lavorando sempre in collaborazione con la Fondazione Clerici per individuarli e formarli attraverso corsi brevi – conclude – Sempre mettendo al primo posto il tema della sicurezza».

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