
Un’altra guerra è scoppiata (e forse, per fortuna, già finita) nel cortile del condominio Europa: quella tra Israele e Iran, con il coinvolgimento degli Stati Uniti. Nessuno si è preso la briga di suonare il citofono per avvertire gli inquilini di ciò che stava per accadere. Gli europei sono rimasti sul pianerottolo, a osservare con preoccupazione, sperando che nessuna scheggia arrivasse a colpirli.
Il condominio Europa ha un regolamento tanto pignolo quanto ponderoso, che però – a quanto pare – non contempla l’obbligo di essere informati quando esplodono conflitti nel cortile di casa. È già la terza volta in pochi anni: prima la guerra tra Russia e Ucraina, poi quella tra Israele e Hamas, ora questo nuovo scontro. Eppure, nel regolamento , nessuna clausola impone un ruolo attivo in queste crisi.
Il cortile del condominio comprende l’Ucraina e il Vicino Oriente. Al suo interno ci sono inquilini con appartamenti più grandi e più ricchi, che – forse in virtù dei millesimi di proprietà – dettano legge. Altri faticano a pagare le spese condominiali, anche se sono i residenti più anziani, quelli che hanno contribuito a edificare l’immobile.
Il progetto originario si deve a tre ingegneri della politica: il cancelliere tedesco Konrad Adenauer, il presidente del Consiglio italiano, Alcide De Gasperi e il ministro degli Esteri francese Robert Schuman, con l’apporto decisivo del connazionale Jean Monnet. . Costoro, mentre cercavano di rimettere insieme i pezzi di un’Europa devastata da cinque anni di guerra, concepirono un edificio modesto ma solido, capace di resistere a nuove tempeste. La prima costruzione si chiamava “Ceca”– Comunità europea del carbone e dell’acciaio. Carbone e acciaio erano allora materie prime strategiche, per le quali gli Stati si erano combattuti a lungo, in particolare Germania e Francia. L’idea di metterle in comune avrebbe dovuto evitare altri conflitti.
L’Italia, in quel contesto, si era ritagliata un po’ il ruolo della portineria, accogliendo i nuovi ospiti e vigilando sulle regole. I fondatori sognavano un’espansione progressiva, fino a costruire una casa comune. Anche altri architetti della politica, confinati durante la guerra su un’isoletta chiamata Ventotene, auspicavano lo stesso.
Con il tempo, la Germania ha preso in mano la gestione economica del condominio, mentre l’Inghilterra (e soprattutto il grande vicino americano) si è occupata della politica estera. È nata la Cee, Comunità economica europea, che conteneva già in nuce una visione politica unitaria. Visione che, però, si è presto arenata. L’ambizione di abbattere i muri interni si è scontrata con le resistenze di molti inquilini, anche tra i più benestanti. L’Inghilterra, infine, ha scelto di traslocare, lasciando i suoi locali vuoti.
Così, il sogno di un’unità politica si è infranto, e ciò che resta è un regolamento sempre più intrusivo e soffocante. L’unico grande successo – non trascurabile, ma certo non sufficiente – è stato il bancomat comune, l’euro, in sostituzione dei vecchi sportelli nazionali.
Un’unità politica vera avrebbe permesso di creare anche un esercito europeo, capace di vigilare sui cortili del condominio senza dipendere dal grande vicino americano, il quale ora batte cassa e pretende l’aumento delle spese condominiali per difendere le mura comuni. Mura che, con tutti quei colori diversi da appartamento ad appartamento, rischiano di crollare.E il guaio più grande è che nuovi ingegneri della politica come Adenauer, De Gasperi, Schuman o Monnet non sono alle viste. E si può capire quella persona che, intervenendo a una trasmissione radiofonica, ha detto che si sentiva più europeo ai tempi di “Giochi senza frontiere” con Guido Pancaldi e Gennaro Olivieri.
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