
Oggi Genova, domani Roma. Con il successo riportato da un centro-sinistra unito nella capitale ligure la Schlein s’è fatta, ancor più se possibile, “testardamente unitaria”. La buona prova offerta in questa tornata elettorale conferma in effetti quanto è già emerso nelle precedenti.
Il centro-sinistra unito fa regolarmente man bassa delle amministrazioni cittadine. A una condizione: che si presenti unito. Elly ne ha tratto una granitica convinzione che poggia su un sillogismo: il campo largo riesce (pressoché sempre) vincente se unito, bisogna vincere anche alle politiche, bisogna costruire anche in questa occasione un campo largo, larghissimo.
Il sillogismo non fa una piega. In astratto. Resta da vedere se funzionerà anche in concreto per il parlamento. Non è detto che quel che vale per le amministrazioni comunali valga automaticamente anche per la politica nazionale. Finché si tratta di edilizia, di urbanistica, di servizi pubblici, non è difficile trovare una convergenza tra orientamenti diversi. Tutt’altro affare è conciliare posizioni contrastanti quando si parla di salari bassi, di tasse, di sicurezza, di immigrazione, di alleanze internazionali, non parliamo poi quando si deve decidere sulla fornitura di armi all’Ucraina o a Israele.
C’è una diversa carica divisiva dei temi, ma ci sono anche rapporti di forza e regole del gioco diversi tra dimensione locale e nazionale. Innanzitutto, destra e sinistra hanno due insediamenti territoriali opposti. I progressisti hanno le loro roccaforti nelle città, i conservatori nella provincia, ragion per cui – come ha ben illustrato Luca Tentoni su queste pagine - la loro forza elettorale alle politiche si riequilibra e il verdetto delle urne resta più incerto.
In secondo luogo, tra locale e nazionale cambiano le regole del gioco. Nei comuni vige il maggioritario con l’elezione diretta del sindaco. Ciò porta ad una forte personalizzazione della competizione. In parole povere: la popolarità, il prestigio, la credibilità dell’aspirante primo cittadino fanno la differenza. Questo dato è particolarmente penalizzante per la destra che soffre di un grave deficit di personale qualificato. Si ricorderà l’impari lotta che si è sviluppata a Milano e Torino nelle ultime tornate amministrative quando la destra presentò candidature a sindaco così deboli da apparire sin dall’inizio votate alla carneficina. C’è infine un ulteriore fattore, che avvantaggia la sinistra nella competizione amministrativa, dovuto propriamente alla sagacia politica dei suoi dirigenti. I loro candidati sindaco sono scelti con maggiore avvedutezza. Hanno un profilo poco politicizzato, tra il civico e il moderato: l’ideale per catturare l’elettorato mobile che decide di volta in volta, a ragion veduta, a chi assegnare il suo appoggio.
Tutti questi rilievi dovrebbero bastare a render ragione delle più alte chance della sinistra a prevalere sulla destra nel voto amministrativo. Dovrebbero al contempo servire da ammonimento alla destra perché migliori insediamento sociale e ceto amministrativo se non vuole essere seppellita nella competizione elettorale delle città capoluogo. I rilievi esposti dovrebbero essere d’avvertimento anche alla sinistra se non vuole tra due anni, alle politiche, subire la conferma della Meloni a Palazzo Chigi.
Cosa le insegna la lezione di Genova? Che si vince col campo largo, ma anche con candidati non troppo marcati politicamente: appunto la Salis a Genova, come Sala a Milano, e chi più ne ha più ne metta. Logica vorrebbe che anche a livello nazionale la sinistra seguisse la stessa strategia. Le servono il campo largo, ma anche un candidato premier poco politicizzato e una piattaforma politica che sappia intercettare l’elettorato non di stretta appartenenza. Quando è riuscita a vincere è perché si è rivolta ad un Papa straniero, come Prodi.
Non sembra invece che questo sia l’orientamento prevalente dei piani alti della sinistra d’oggi. Non sono ancora finiti i festeggiamenti per la bella prova offerta dal campo largo e il campo largo consuma una spaccatura, e non su una quisquilia, ma sulla guerra a Gaza. Pd, M5S e AVS si danno appuntamento a Roma per il 7 giugno. Italia Viva, Azione e +Europa a Milano il giorno precedente. Diversa la piattaforma politica. Risultato: saranno/dovrebbero essere due diverse le piazze a protestare. Il campo largo scricchiola.
© RIPRODUZIONE RISERVATA