Elezioni: finalmente le carte sparigliate

La congiuntura meteorologica e politica di quest’autunno regala cirri e cumulonembi, un grigiore ben lontano dal decantato cielo azzurro di Lombardia di Alessandro Manzoni. Alle corte: il quadro dei balletti dei partiti in vista delle elezioni Comunali del 2026 non offre colori incoraggianti e il ritmo non sembra quello di chi ha una voglia matta di incrociare le armi.

Eppure un lampo, in settimana, ha rischiarato il paesaggio: il consolidamento di forze eterogenee e diversamente distanti dai due classici poli ha trovato uno sbocco unitario nell’indicazione di Mauro Fumagalli a candidato sindaco. Pare ormai che se ti non chiami Mauro sei tagliato fuori dai giochi. Una via alla toponomastica.

La neoformazione conta su: Appello per Lecco, già collaudata attraverso le esperienze di Corrado Valsecchi; Azione al suo battesimo cittadino con l’entusiasmo del neofita e la voglia di contare; Insieme, guidata dal sempiterno Domenico Galbiati e i due consiglieri dissidenti Clara Fusi e Giovanni Tagliaferri, nonché i delusi e traditi dal Pd e dal sindaco Gattinoni, a partire da Mauro Frigerio, Vittorio Addis, Francesca Bonacina, Stefano Citterio, Antonio Pattarini e Virginio Brivio. Per intenderci, non proprio mammolette del giardino del Nazareno lecchese.

Va da sé che le carte si sono sparigliate e il primo rilievo non può che riguardare, con personale compiacimento, la caduta del maggioritario. Insomma, è scongiurata l’ipotesi di un derby sulla falsariga dell’esperienza di un lustro fa. Questa lista, in teoria, ha le caratteristiche e le ambizioni per non limitarsi a una corsa di testimonianza ma i requisiti per contendere Palazzo Bovara a differenza di chi in passato non aveva né ambizioni né velleità di vittoria. Per inciso, questa testata con UnicaTV seguirà passo passo l’avvicinamento alla meta, dando spazio anche a chi ha la stessa possibilità di trovare un tartufo con un cane affetto da sinusite.

Ora all’appello manca il centrodestra che, dato favorito sulla carta, sulla scorta del consenso rimediato negli ultimi trent’anni e rinvigorito dall’effetto Meloni, annaspa alla ricerca di un candidato che sappia valorizzare quel fattore ‘unità ‘ che da sempre premia la coalizione specie ai livelli locali. Insomma, marciare compatti oltre le differenze di stile, di carattere e persino di programma in nome della fascia tricolore e dei posti di governo che ne derivano. Mentre sul piano regionale pare che i partiti nazionali stiano trovando la combinazione della cassaforte, sotto il Resegone non c’è una chiave che possa aprire una comune stanza dei bottoni. Siamo fermi a Carlo Piazza e Filippo Boscagli per i quali l’annunciato è già affondato perché nessuno dei due pare disposto a fare un passo di lato e perché i partiti che li sostengono vivono uno su Marte e l’altro sulla Luna. Terra terra, ci vien da dire che raramente abbiamo assistito a tali forme di dilettantismo allo sbaraglio destinate a incrinare i rapporti e compromettere l’esito elettorale. Non sono tra quelli che ritenga che sindaco o presidente della Provincia o Governatore debba essere espressione della forza di maggioranza all’interno della coalizione, ma ritengo altresì che chi abbia più ampio consenso debba avere l’onere e l’onore di menare le danze. Diciamo pure che è un modello societario, laddove chi è in minoranza suggerisce ma non decide. Tanto più che con sei anni di opposizione c’era tutto il tempo per andare oltre a una convergenza di nomi che non scalda i cuori e manca persino del requisito della notorietà.

Certo il PD langue guidato da Fausto Crimella, quel tale che incontra amici e avversari per un caffé al bar (lo chiameranno moka) e da Alfredo Marelli, uno che non era un ballerino di prima fila neppure nella sua era glaciale e talmente presuntuoso da aver lasciato che figure di spicco,tra i quali persino fondatori del partito, lasciassero la casa madre non solo in contrasto con tattiche e strategie, ma anche amareggiati e offesi dal galateo. La mia età mi permette di ricordarmi che Marelli è stato un sindacalista di area cattolica, eppure in mezzo secolo non ricordo una sua “lampadina”, ma piuttosto che era attento a spegnere la luce alla fine di qualche riunione. Non so che cosa gli abbia preso, ma mi pare che stia guardando il mondo e la città all’incontrario. Mi vien da dirgli: caro Alfredo, non è che le pecorelle per addormentarsi contano i pastori. Mauro Fumagalli, al di là dal profilo personale e politico, ritengo possa tornare assai utile alla mia personale fissazione. L’ho già scritto e proposto ai partiti perché s’impegnino in coro per far diventare Lecco un modello di partecipazione al voto, sulle orme di una virtuosa tradizione del passato. Un esercito di aspiranti consiglieri in campo sotto diverse bandiere è il primo motore per avviare un ritorno alla cabina elettorale. Tra l’altro, votare non costa un euro a differenza dell’Irpef che l’amministrazione Gattinoni si ostina a mantenere ai livelli massimi, senza neppure avere l’attenuante delle casse vuote perché i milioni di euro del PNRR continuano ad alimentare la borsa municipale e a permettere opere che in altri tempi ci saremmo sognati.

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