Eugenio si volta e vede renzi

“Voltati Eugenio” è un film degli anni ’80 diretto da Luigi Comencini. Eppure Eugenio Giani, riconfermato a furor di voto presidente della Toscana, se si volta non vede tra coloro che lo hanno sostenuto il nipote del regista, Carlo Calenda. Il leader di Azione, infatti, non ha aderito alla coalizione per la presenza dei Cinque Stelle che, la volta scorsa, avevano corso in solitudine. Adesso il movimento guidato da Giuseppe Conte ha fatto crescere il consenso di Giani, nonostante il sostegno tiepido in campagna elettorale a un candidato considerato forse troppo moderato.

Per questo, i pissi pissi parlavano anche di uno scarso gradimento in casa Dem, sul presidente uscente, ricandidato solo grazie alla determinazione di Elly Schlein, leader del principale partito di opposizione, che pure aveva qualche dubbio,m a si è precipitata in Toscana per congratularsi con il vincitore.

Giani è stato comunque arruolato tra i moderati di centrosinistra da uno che la realtà toscana la conosce molto bene: Matteo Renzi. L’ex premier ha commentato l’esito elettorale come un segnale importante per la sua idea di “Casa Riformista”. Poiché giocava in casa, il capo di Italia Viva ha ottenuto, con la sua lista a sostegno di Giani, un risultato migliore di quello dei Cinque Stelle. Per il centrodestra non è cambiato gran che. Si sa che in Toscana, ad eccezione di alcuni Comuni capoluogo il cui esprime il sindaco (lo sfidante di Giani, il forzista Alessandro Tomasi è il primo cittadino di Pistoia), l’alleanza che governa l’Italia è minoritaria.

Il tema rilanciato da questa vittoria molto prevedibile, perciò , resta nel centrosinistra ed è riferito alla linea della sua principale forza, il Pd, nella prospettiva del voto politico del 2027. In questo senso il risultato di Giani può anche essere letto come un indebolimento dell’eventuale premiership di Schlein e ancor di più, in coalizione, di Conte. Con ogni probabilità, anche alla luce delle tensioni interne al Nazareno tra la segreteria e la componente riformista che ha contestato il suo leader, il presidente del partito, Stefano Bonaccini considerato troppo filo Elly, il tema terrà banco. Soprattutto dopo che sarà terminata la serie di elezioni regionali, dopo i voti di Veneto, Puglia e Campania. Se Eugenio si volta, insomma, vede più Renzi che Schlein.

Anche i risultati delle liste, e qui il discorso vale per entrambe le coalizioni, sembrano punire le forze più “estreme”. Vanno male infatti, sia i Cinque Stelle nel centrosinistra, sia la Lega targata Vannacci nel centrodestra, che è staccata da Forza Italia. Mantiene invece un consenso identitario Alleanza Verdi e Sinistra. Dario Nardella, ex sindaco di Firenze e ora europarlamentare, si è soffermato sull’esito “demografico” del voto, sottolineando come la Toscana, come popolazione, pesi più di Marche e Calabria, dove il “campo largo” ha perso male e leggendo questo voto come un buon viatico per le politiche. Sarà, ma forse Nardella è solo uno a cui piace vincere facile. Ora la palla passa alle Regioni che voteranno tutte insieme il 23 e 24 novembre. In Veneto, al di là dell’esito scontato con la vittoria del candidato di centrodestra, Alberto Stefani, bisognerà capire quanto peserà la rottura del “Doge” uscente Luca Zaia con il suo partito e gli alleati che hanno bocciato sia la sua lista civica sia il suo nome associato a quello del Carroccio. Per la Campania, andrà invece pesata la candidatura del pentastellato Roberto Fico, ex presidente della Camera, favorito per la successione al “vicerè” piddino Vincenzo De Luca, anch’egli in grado di influenzare non poco il voto.

In Toscana si è registrato il consueto calo dell’affluenza, sia pure con percentuali meno gravi rispetto a Marche e Calabria. Ma questo non sembra interessare a nessuno. Perché anche il solo 50% dei votanti garantisce poltrone intere e non dimezzate.

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