Mala tempora currunt» in Europa.In Francia, Emmanuel Macron sta giocando le sue ultime carte in un quadro politico-economico sempre più inquietante. La nomina di Lecornu a primo ministro è l’ennesima dimostrazione della debolezza della Quinta Repubblica e un ulteriore fallimento del nuovo incaricato sulla legge di bilancio potrebbe aprire le porte a nuove elezioni presidenziali. Nelle piazze, Jean-Luc Mélenchon, leader della sinistra radicale, soffia sul fuoco del malcontento, promettendo una stagione di agitazioni sociali. Sullo sfondo, Marine Le Pen osserva e attende: la possibilità che la destra radicale conquisti finalmente la presidenza francese è oggi più realistica che mai.
In Germania, il cancelliere Friedrich Merz cerca di imprimere una svolta, rilanciando un’economia rallentata e avviando la ricostruzione dell’apparato militare. Ma la sua popolarità resta particolarmente debole e la coalizione ogni tanto ha sussulti disfattisti. Se i segnali di ripresa non arriveranno, l’estrema destra (AfD) potrebbe capitalizzare la sfiducia e presentarsi come alternativa concreta al governo. Sarebbe un terremoto politico, perché la Germania è il motore dell’Unione e una sua svolta radicale avrebbe effetti a catena su tutto il continente. La Spagna non sta meglio: il socialista Pedro Sánchez governa con una maggioranza ridotta all’osso, dipendente da pochi voti decisivi. Una crisi parlamentare potrebbe spalancare le porte a una destra che scalpita. In Polonia, il presidente Karol Nawrocki frena ogni iniziativa del premier Donald Tusk, paralizzando il Paese. Tra due anni Jarosław Kaczyński potrebbe tornare al governo, riportando Varsavia su posizioni euroscettiche e nazionaliste. Intanto in Ungheria e Slovacchia, Orbán e Fico consolidano modelli di democrazia illiberale: opposizione ridotta, media sotto pressione, capitali esteri guardati con sospetto.
Ma un’Europa in mano alle destre più o meno radicali che agenda perseguirebbe? Lo scenario geopolitico cambierebbe? Con buona probabilità, l’impatto sull’Unione europea sarebbe inevitabile, con un sensibile ridimensionamento del potere di Bruxelles e il probabile rimpatrio di competenze a livello nazionale. Con gli Stati Uniti, soprattutto se Trump fosse ancora insediato alla Casa Bianca o gli succedesse il vicepresidente JD Vance, il legame transatlantico continuerebbe a logorarsi: Washington guarda prioritariamente alla sfida con la Cina, non intende mettersi in rotta di collisione con Mosca e considera l’Europa sempre meno prioritaria. Resta da vedere fino a che punto il disimpegno militare americano in Europa si svilupperebbe, visto che la presenza di truppe ha anche rappresentato il controllo strategico di Washington sul continente europeo. Sul fronte russo, invece, non è escluso un riavvicinamento, soprattutto se la guerra in Ucraina si chiudesse con una tregua o con un compromesso accettabile per le leadership continentali. Per Kiev, un’ascesa al potere delle destre nelle Cancellerie in Francia o Germania sarebbe davvero una brutta notizia: Zelenski, o chiunque gli succederà, sarà condannato all’ininfluenza.
Il nodo più delicato riguarda le sfide globali: come si muoverebbero le destre europee davanti alle pressioni commerciali americane, alle offerte dei Brics di aprire nuovi canali di scambio? La tentazione di diversificare i partner economici potrebbe diventare forte, ma rischierebbe di aumentare la frammentazione interna e la distanza da Washington. Con buona probabilità, l’Europa guidata dalle destre non cambierebbe i dati di fondo: il continente resterebbe in posizione di palese subalternità . L’inferiorità tecnologica in termini di Intelligenza artificiale e innovazione; l’inesistenza di una difesa comune credibile; un mercato unico troppo frammentato: sono tutti pesi che impediscono all’Europa di contare nello scenario internazionale. Serve non soltanto un salto di qualità su questi fronti, ma una nuova consapevolezza politica e un coraggio delle leadership che è difficile intravedere, anche con uno scivolamento a destra del panorama politico sul continente.presidenziali.
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