Le ragioni dell’asse tra usa e russia

L’opinione pubblica continua a chiedersi le ragioni del corto circuito che hanno portato gli Usa ad associarsi ad un personaggio come Putin di cui risulta noto lo spietato cinismo.

Nel mondo globale nato con l’entrata sui mercati dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), abbiamo assistito al sorgere di un singolare connubio tra sovranismo politico e imperialismo economico che rappresenta la grande insidia che minaccia la democrazia liberale, architrave della cultura occidentale. Si badi bene, non c’è di nuovo sotto i cieli. Stiamo, infatti, assistendo all’ennesima dimostrazione della forza dirompente degli “animal spirits” (Keynes) del capitalismo che, in questa nuova edizione, si fonda su una commistione tra interessi privati e pubblici poteri che risulta incompatibile con lo stato di diritto.

Con questa chiave di lettura è possibile capire l’alleanza che lega Vladimir Putin e Donald Trump che risultava impensabile fino a qualche anno fa. Se in passato, nei confronti dell’Ue, Usa e Russia marciavano divisi e colpivano uniti, oggi i due Paesi hanno fatto un salto di qualità che rappresenta una brusca virata nel cammino della Storia: due potenze imperiali storicamente antagoniste, oggi marciano uniti contro l’obiettivo comune di disarticolare l’impalcatura europea.

Le ragioni di questa operazione risultano chiare. La dissoluzione dell’Ue consentirebbe a Vladimir Putin di demolire la presenza ai suoi fianchi di un gigante che, seppur diviso, conserva una grande capacità di attrazione sulle nuove generazioni russe e sui popoli dell’ex impero sovietico. Ma c’è altro. Putin, infatti, rappresenta il prodotto di quella tradizione zarista che, come scrisse Harold J. Berman (giurista americano esperto in diritto sovietico), non ha mai abbandonato la suggestione della Grande Russia. Per questa ragione, il caudillo russo ha creduto di trarre profitto dal disordine planetario nella convinzione che l’Ucraina non fosse una nazione semplicemente perché “non esiste un popolo ucraino”. Parimenti, l’estinzione dell’Unione europea consentirebbe a Trump di eliminare dai mercati la concorrenza di una moneta forte e, nel contempo, di consegnare alle big tech americane un’immensa prateria in cui dispiegare una potenza di fuoco che l’Europa ha saputo finora contenere grazie ad una legislazione granitica e lungimirante.

Pertanto, le esigenze politiche di Putin si saldano perfettamente agli obiettivi economici di Trump che, più che uno statista, resta un affarista spregiudicato. Il tycoon americano, infatti, è privo di qualunque visione politica come si evince dal vezzo puerile di ritenere amici chiunque assecondi l’inesauribile fame di denaro, sua e delle falangi di locuste che gli gravitano attorno. Come abbiamo già detto, per Trump il sovranismo è il giusto grimaldello da brandire per scardinare l’Ue e l’intera architettura normativa che impedisce ai colossi americani di irrompere nell’economia del Vecchio continente e di “rieducare” i cittadini europei di cui ambiscono a modificare sistema di valori e abiti mentali. Google, Apple, Microsoft, Amazon, Nvidia, Facebook, Tesla, rappresentano quello che Shoshana Zuboff ha definito il “capitalismo della sorveglianza” che le big tech statunitensi, per loro stessa ammissione, puntano ad esercitare su scala planetaria. L’asse Usa-Russia, pertanto, vanta solide radici in questa profonda ostilità verso l’Europa benché, paradossalmente, ci sia il rischio che a beneficiarne sia la Cina la quale ha l’occasione storica per accreditarsi definitivamente come una grande potenza politica, oltre che economica. In questo senso, abbacinati dal loro pervicace anti-europeismo, Putin e Trump non hanno capito di aver fatto un assist a Xi Jinping la cui ostentata neutralità ricopre un significato politico altamente simbolico. La Storia sta andando ad Oriente e, senza saperlo, questa “strana coppia” continua a soffiarvi sopra.

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