Le spade di Damocle sul voto lecchese

Tra meno di un anno si rinnoverà il consiglio del capoluogo e di altri sei comuni del territorio lecchese. Sin qui nessuno scoop. E mi sono persino chiesto se non fosse prematuro annotare questo passaggio che ormai è nel calendario di ciascun attore e comparsa del teatro che verrà. Tra l’altro, dal fronte dei partiti, sia dai fervidi e accaldati gazebisti, sia dalle stanze sempre più ridotte a monolocali delle forze politiche non escono novità stupefacenti e scoppiettanti, tali da solleticare la curiosità non solo mia, ma anche quella dei cittadini che dovranno essere convinti a votare con ben altri tam-tam e argomenti.

C’è però una novità, di sicuro sconosciuta ai più, ma destinata letteralmente a cambiare le carte in tavola: si tratta di una proposta di modifica della legge elettorale per i comuni sopra i 15mila abitanti (da noi solo Lecco) che abbassa al 40% la soglia di voto sufficiente per essere eletti sindaco al primo turno. Come si sa, da trent’anni a questa parte, serve il consenso della metà più uno degli elettori per evitare il turno di ballottaggio dopo due settimane dal primo round.

Ancora non sappiamo se il testo finale in esame al Parlamento prevederà un possibile ballottaggio nel caso due candidati superino entrambi il 40 per cento o più semplicemente chi prenda anche un solo - o 31 voti - in più dell’avversario. Proviamo a fare qualche riflessione, oltre ai soliti conti algebrici. Si pensi per esempio al fatto che spesso i ballottaggi ribaltano l’esito del primo turno, ma con percentuali di votanti più basse. A volte anche di molto.

La maggioranza parlamentare adduce anche questa ragione a sostegno della modifica fondata sulla convinzione che rafforzerebbe il legame con il corpo elettorale, evitando di avere sindaci espressione degli ultimi Mohicani che tornano al seggio.

Le osservazioni del centrosinistra insistono sulla convinzione che la nuova normativa non sanerebbe la temuta e crescente disaffezione al voto e favorirebbe i candidati del centrodestra che sovente al primo turno fanno man bassa di consensi.

Proviamo a leggere il recente passato lecchese, non per parallelismi e similitudini forzate, ma per vedere più da vicino l’effetto che fa. Nell’ultima consultazione Peppino Ciresa - del centrodestra, ça va sans dire - sfiorò la fascia tricolore che avrebbe portato con l’orgoglio con il quale indossa il maglione rosso dei Ragni per poi lasciare per strada quasi mille voti e aprire il portone di palazzo Bovara all’ormai incredulo Mauro Gattinoni. O forse ci credeva solo lui.

Val la pena di ricordare come al primo turno votó il 65% degli aventi diritto contro il 57% del ballottaggio. Numeri, ovviamente, che vanno interpretati in chiave politica per dire che se la nuova norma passasse, il centrodestra partirebbe favorito, purché superi i contrasti, le gelosie, i rancori e ritrovi quell’unità che è il jolly vincente, qui e altrove.

Per il candidato intoccabile del Pd Mauro Gattinoni la strada si farebbe in salita, al di là della capacità mediatica che si suole riconoscergli. Va da sè che la cronaca e anche le analisi si arricchiranno davanti ad una situazione più simile a un prisma che a un cubo. Tra l’altro è sin troppo facile prevedere, anche sulla scorta di voci fondate e circolanti, che altre liste e candidati potrebbero inserirsi nella disfida e non necessariamente per testimonianza. C’è tutto un mondo di centristi delusi che vuol farsi conoscere e riconoscere, per non dire della fitta e variegata schiera di chi Gattinoni lo ha già abbandonato in Comune e soprattutto nel Pd. Tanto per capirci: con una spada normativa così dirimente diventano persino marginali i nomi che spuntano qua e là nella considerazione che, alla fine della fiera, le candidature lecchesi si decideranno oltre i ponti e l’indicazione del sindaco sarà magari frutto di una compensazione interna alla coalizione, con un assessore veneto, con un presidente di una partecipata. O, come si usava ai tempi d’oro del centrosinistra negli anni ‘80, con un posto nel consiglio di amministrazione di una banca. Visto che siamo a una decina di mesi dalle elezioni forse il primo punto dell’agenda dovrebbe riguardare l’impegno di forze politiche e sociali perché l’assenteismo non retroceda la civile Lecco nei bassifondi della classifica nazionale.

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