Lo scudo penale e i dubbi dei medici

Il Consiglio dei ministri ha approvato il 4 novembre scorso il disegno di legge delega che riforma le professioni sanitarie e limita la responsabilità penale dei medici e degli operatori sanitari.

I due ministri della Giustizia e della Sanità, Carlo Nordio e Orazio Schillaci, hanno spiegato che circoscrivere la responsabilità penale dei sanitari non significa favorirne l’impunità, ma invece porli in condizione di operare con maggiore serenità, dedicandosi senza spreco di energie ai pazienti che necessitano di diagnosi e di cure urgenti ed efficaci». In effetti, la riforma, molto attesa dai medici, «restituirà dignità, serenità e giustizia ad una professione logorata da un crescente clima di sfiducia e aggressività», come dichiarato dal segretario della Cisl Medici Luciana Cois.

Il provvedimento ha lo scopo anche di indurre i medici ad abbandonare la cosiddetta “medicina difensiva” e cioè la pratica di prescrivere più esami, a volte costosi e superflui, per mettersi al riparo da possibili cause o denunce, un fenomeno che costa al Servizio sanitario oltre dieci miliardi di euro l’anno e contribuisce ad allungare le liste d’attesa. I dati statistici imponevano una riforma. Le denunce contro i medici sono circa 15 mila l’anno, ma secondo il sindacato Anaao-Assomed solo il 3% dei procedimenti giudiziari si conclude con una condanna. Un medico su tre afferma di essere stato citato in giudizio (civile o penale). I più bersagliati sono ginecologi, cardiochirurghi, chirurghi generali, ortopedici.

In particolare, la riforma prevede che le lesioni colpose e l’omicidio colposo commessi nell’esercizio dell’attività sanitaria siano ancora puniti secondo le norme del codice penale, ma, qualora la condotta risulti conforme alle linee guida delle società scientifiche e alle buone pratiche clinico- assistenziali, e adeguate al caso concreto, la punibilità sia limitata alla sola colpa grave (oltre naturalmente il dolo). Viene esclusa quindi la colpa lieve.

Si dispone, inoltre, che il giudice nell’accertamento della colpa grave o del suo grado tenga conto anche della scarsità delle risorse umane e materiali disponibili, nonché delle eventuali carenze organizzative, della mancanza, limitatezza o contraddittorietà delle conoscenze scientifiche sulla patologia o sulla terapia, della concreta disponibilità di terapie adeguate, della complessità della patologia o della concreta difficoltà dell’attività sanitaria, dello specifico ruolo svolto in caso di cooperazione multidisciplinare, nonché della presenza di situazioni di urgenza o emergenza.

L’approvazione della riforma, pur salutata come un passo avanti da gran parte dei sindacati medici, ha però diviso la categoria professionale. Il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli, ha dichiarato che lo scudo penale solleva anche diverse critiche. In particolare viene sottolineata la vaghezza della nozione di colpa grave, che potrebbe lasciare ampio margine di interpretazione ai giudici.

E il presidente della Federazione Cimo-Fesmed Guido Quici, ha evidenziato «il rischio, che, nel concreto, per i medici non cambi nulla», poiché mancando «la definizione di colpa grave, che sarà qualificata di volta in volta dal giudice», il professionista dovrà comunque affrontare un processo. In merito va auspicato che il provvedimento possa essere migliorato in sede parlamentare.

Ma la critica principale, però, riguarda il fatto che lo Stato riconosce la scarsità di risorse come elemento da considerare nell’accertamento della colpa grave, ma allo stesso tempo non prevede alcun investimento strutturale per colmare quelle carenze.

In proposito va osservato, invece, che il disegno di legge delega prevede, anche se a costo zero, una complessiva riforma delle professioni sanitarie con lo scopo di contrastare le carenze di organico e di sburocratizzare il sistema, con misure di sostegno alla carriera, la revisione di percorsi formativi e l’istituzione della Scuola di specializzazione per la medicina generale, oltre a forme di lavoro flessibile per gli specializzandi nel Servizio sanitario.

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