Migranti: lo scontro tra Governo e giudici

La scelta del legislatore di trasferire d’urgenza e senza risorse aggiuntive dal Tribunale alla Corte d’Appello di Roma la competenza di convalida dei trattenimenti degli stranieri ha destato sconcerto in quanto assegna un nuovo carico di lavoro ad una Corte che ha già un organico scoperto del 20 per cento. Ciò dopo aver invece rafforzato nell’aprile scorso l’organico del Tribunale di dieci giudici proprio per provvedere all’”operazione Albania”. Naturalmente il Presidente della Corte si è visto costretto, per far fronte al nuovo lavoro, ad emanare un bando di applicazione per sei posti al quale hanno aderito nove giudici di primo grado, quattro dei quali provenienti dalla sezione del Tribunale che aveva emesso in casi analoghi provvedimenti sgraditi al Governo.

Anche i giudici della Corte d’Appello hanno deciso, come era ampiamente prevedibile, di inviare gli atti, per un giudizio chiarificatore sulla questione dei Paesi sicuri, alla Corte di giustizia dell’Aia. Nello stesso senso si erano già pronunciati i magistrati di Roma, Firenze, Bologna e Palermo. Né può sostenersi che la decisione dei giudici della Corte d’Appello sia in contrasto con l’ordinanza in data 30 dicembre 2024 della Corte di Cassazione, che secondo il centrodestra avrebbe dato ragione al Governo sui ricorsi contro i provvedimenti dei Tribunali.

Infatti, la Cassazione, pur avendo ribadito che i giudici non possono sostituirsi al potere esecutivo, titolare esclusivo della designazione dei “Paesi sicuri” (principio non contestato dai giudici), ha però affermato che il giudice deve valutare caso per caso la situazione del singolo richiedente asilo e “verificare, in ipotesi limite, se la valutazione ministeriale abbia varcato i confini esterni della ragionevolezza e sia stata esercitata in modo manifestamente arbitrario, o se la relativa designazione sia divenuta non più rispondente alla situazione reale”.

E, previa sospensione del giudizio, il quesito rivolto dai giudici alla Corte di giustizia europea è il seguente: “Se il diritto dell’Unione…osti a che un Paese terzo sia definito sicuro qualora in tale Paese vi siano una o più categorie di persone per le quali non siano soddisfatte le condizioni sostanziali di tale designazione”.

Va aggiunto, inoltre, che il provvedimento del Governo di trasferire la competenza dal Tribunale alla Corte d’Appello desta perplessità anche perché rischia di essere in contrasto con l’art. 25 della Costituzione, secondo il quale “Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”. Le opposizioni politiche sul punto sono molto critiche e affermano che “i diritti non possono essere modificati con stratagemmi come quello di spostare i giudizi dai Tribunali per l’immigrazione alle Corti d’Appello nel tentativo di scegliersi giudici più compiacenti”. Ma nella maggioranza non si accettano le sentenze e le ordinanze della magistratura e sembra che si stia discutendo di nuove norme per rimediare a decisioni non gradite. Mentre sarebbe giusto, a questo punto, fermarsi ed attendere il parere decisivo della Corte di Giustizia europea, peraltro sottoscritta proprio in Italia, previsto per il prossimo 25 febbraio. Il diritto europeo, infatti, ha la prevalenza sul diritto nazionale in base ai trattati internazionali sottoscritti.

Il Presidente della Repubblica ha esortato politici e giudici a porre fine alla guerra dei trent’anni, che sta avvelenando il clima politico e giudiziario, rischiando di trasformarsi in un conflitto permanente tra poteri dello Stato, che non giova a nessuno. Ciascun potere deve rispettare e collaborare con lealtà con gli altri. Tutti devono osservare la Costituzione, le leggi e i trattati internazionali. Nessuno deve prevaricare sugli altri. Neppure il potere politico, che non può ritenersi superiore perché eletto dal popolo. E’ vero che la sovranità appartiene al popolo, come sancito dall’art. 1 della Costituzione, ma nemmeno la stessa può considerarsi assoluta, in quanto il medesimo articolo afferma che la sovranità deve essere esercitata nelle forme e nei limiti della Costituzione.

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