Ne solco di Francesco, ma andando oltre

Nel solco di Papa Francesco, ma andando oltre Papa Francesco, seguendone la direzione, ma per strade diverse. Papa Leone XIV si affaccia alla loggia della Basilica di San Pietro visibilmente commosso, fin quasi alle lacrime, ma pur avvertendone “il peso” non “arretra” davanti alle oltre centomila persone che lo stanno guardando, e con loro anche qualche altro miliardo di anime nel pianeta. Cuore di padre sì, ma fermo, determinato, intenzionato a sostenere di fronte al mondo intero le proprie idee, perché convinto - nella mente e nello spirito - che le parole del Vangelo saranno lo scudo invincibile contro il quale il male non riuscirà mai a prevalere. Come Francesco parla di pace, ma non di guerra, parola che non pronuncia, come a spostare il baricentro della discussione, passando dalla necessità di far tacere le armi a quella di far prevalere lo spirito del Risorto: una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante. Due aggettivi che certamente saranno distintivi del Pontificato di Robert Francis Prevost. Richiama il sorriso mite, ma forte nella forza del Signore, di Albino Luciani, Giovanni Paolo I, una sorta di cavaliere di Cristo senza macchia e senza paura, pronto a spendersi per proclamarne la Parola fino all’ultimo respiro. Di fronte a tutti, potenti (e prepotenti) della Terra compresi. Il presidente statunitense Donald Trump sembra averlo già compreso, tanto che - forse per la prima volta da quando è alla casa Bianca - mantiene un tratto urbano, quasi diplomatico, nel commentare l’elezione del nuovo Pontefice. Quello fatto dalla loggia non è stato solo un saluto, ma un vero discorso programmatico del proprio pontificato. Papa Leone XIV cercherà la pace attraverso il dialogo, l’incontro, la costruzione di ponti, non di muri. Cerca l’unione di tutti, “per essere un solo popolo sempre in pace”. Fuori dalla Chiesa ma anche dentro la Chiesa, ben sapendo che il lavoro di Francesco, che ha scosso dal profondo le Mura Vaticane creando a volte qualche dissesto, ha bisogno di camminare insieme, unita, cercando sempre di lavorare “come uomini e donne” fedeli a Gesù Cristo, senza paura, per proclamare il Vangelo, per essere missionari”. Papa Prevost vuole una Chiesa “che cammina, che cerca sempre la pace, che cerca sempre la carità, che cerca sempre di essere vicino a coloro che soffrono”, vuole una Chiesa – e qui sembra di ascoltare Francesco – sempre aperta ad accogliere, come plasticamente sembrano fare le braccia di Piazza San Pietro. Ma anche la scelta del nome indica con chiarezza il cammino che Leone XIV vuole portare avanti, proseguendo in chiave moderna, il lavoro di Leone XIII, il primo pontefice dell’era moderna fermamente convinto che tra i compiti della Chiesa rientrasse anche l’attività pastorale in campo sociopolitico. Leone XIII è il Papa che firmò la “Rerum Novarum”, la prima enciclica esplicitamente sociale nella storia della Chiesa cattolica, attraverso cui il Papato espresse i fondamenti della moderna dottrina sociale della Chiesa, fatta di un capitalismo mitigato e al servizio dell’uomo, né marxista, né liberista, ma attento al lavoro e alla dignità dell’uomo. In continuità con Francesco, con cui sembra condividere la certezza di avere sempre al proprio fianco la forza del Vangelo e di Colui che ha ispirato i suoi apostoli.

Ma Papa Prevost non è un gesuita, ma un agostiniano: “Sono un figlio di Sant’Agostino” ha detto con estrema chiarezza, facendo intuire che nel suo pontificato la spiritualità avrà comunque un ruolo di primissimo piano. Sant’Agostino, Padre e Dottore della Chiesa, è stato infatti il grande teologo della Grazia e del rapporto tra la Grazia e la libertà, un “pensiero” che non starà certo ai margini della catechesi del nuovo Pontefice. Leone XIV è anche il primo Papa americano della storia, ma ha già fatto capire di non essere statunitense, nel senso che purtroppo questo aggettivo ha assunto da sei mesi a questa parte. Il suo è uno spirito missionario, e non è certo un caso che il suo primo saluto l’abbia voluto rivolgere – e in lingua “originale” – alla comunità peruviana in cui ha svolto per anni il proprio apostolato. Di “slang yankee” non si è sentito nemmeno una parola. In un certo qual modo, anche Prevost è un Papa che viene “dalla fine del mondo” più latino-americano che altro, e dunque volta alla “missionarietà” dell Chiesa, altro tratto tipicamente francescano. Oggi è naturalmente più facile trovare punti di contatto con il suo predecessore, ma Leone XIV non è Papa Francesco, e non lo sarà, com’è giusto che sia. Con il passare del tempo i tratti distintivi saranno sempre più marcati, anche all’interno della Curia romana, che Prevost conosce piuttosto bene, e dove cercherà di riportare quell’ordine che il suo predecessore ha voluto riformare rapidamente e con forza, non senza qualche scossone mai metabolizzato del tutto. Forse quello di Leone XIV non sarà un Pontificato dirompente, ma certo non sarà “normalizzatore”. Lo vedremo presto.

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