Ordine mondiale, la visione della Cina

S iamo ormai oltre il terzo, inconcepibile anniversario dall’invasione russa dell’Ucraina. Tre anni luttuosi ed estenuanti per la popolazione civile ucraina.

Tre anni sfibranti per le truppe sia delle vittime che degli oppressori. Tre anni mediaticamente pieni di chiaroscuri, veleni, incomprensioni, equivoci, coup de théâtre (sempre all’ordine del giorno quando c’è di mezzo il presidente Trump), anche di tangibili speranze che si arrivi presto a una possibile cessazione del conflitto.

Un periodo, dunque, ahimè sufficientemente maturo per chiedersi quale sia stato il sostanziale coinvolgimento della Cina di Xi Jinping. In realtà, in più occasioni la Cina ha respinto le accuse rivoltele dalla comunità internazionale in merito ai rapporti di varia natura intrattenuti con Putin, rimandando al contenuto di alcuni documenti ufficiali.

Il 24 febbraio 2023, nella ricorrenza del primo anniversario della guerra in Ucraina, la Cina ha presentato un Piano di pace in dodici punti che in pratica delineava la “summa” della visione politica del presidente Xi Jinping rispetto allo scenario politico mondiale che si andava delineando. Oltre a proposte per la soluzione della guerra in corso con l’invito a «cessare le ostilità», «riprendere i colloqui di pace» e «rispettare la sovranità di tutti i Paesi», il Piano avanzava un esplicito invito ai responsabili politici per un comune impegno volto ad «abbandonare la mentalità della Guerra fredda»; «risolvere la crisi umanitaria»; «mantenere sicure le centrali nucleari»; «ridurre i rischi strategici»; «facilitare le esportazioni di grano»; «eliminare le sanzioni unilaterali»; «mantenere stabili la catene industriali e di approvvigionamento».

In occasione dell’ultimo G20 a Rio de Janeiro, Xi Jinping ha inoltre ribadito la necessità che i rapporti internazionali siano ancorati ai principi del «libero mercato» e del «multilateralismo» e ha rimarcato l’opportunità di una riaffermazione del ruolo dell’Onu attraverso una sua profonda riforma. Una visione, questa, che appare oggi in netto contrasto con il “revisionismo” di cui si sta facendo portatore il presidente Trump con il ricorso a “dazi protettivi” e a “scambi bilaterali”, tradendo i tradizionali principi liberisti di cui si sono da sempre fatti portatori gli Stati Uniti. Di questi principi si fa oggi paradossalmente fermo sostenitore Xi Jinping, il capo del più grande Paese comunista al mondo.

Con riferimento specifico alle trattative per porre termine alla guerra in Ucraina, nell’incontro di Riad dello scorso 18 febbraio il presidente degli Stati Uniti ha escluso la partecipazione della Cina, accettando solo la presenza delle delegazioni russe e statunitensi. Ciò ha di fatto offerto alla monarchia saudita il ruolo cruciale di mediatore, consentendo a Trump di poter eventualmente assurgere a principale, se non unico, artefice della pace. La Cina, pur non avendo gradito di essere stata esclusa dai colloqui, non ha mosso alcuna critica all’iniziativa, ma ha solo tenuto a sottolineare per voce del capo della diplomazia Wang Yi che «la Cina sostiene tutti gli sforzi volti a favorire i negoziati di pace e auspica di vedere la Russia e gli Stati Uniti rafforzare la comunicazione su una serie di questioni internazionali». Una dichiarazione d’intenti in linea con i principi delineati dal presidente cinese nell’aprile 2024: «Evitare di perseguire interessi egoistici, non alimentare il conflitto, creare le condizioni per il ripristino della pace e ridurre l’impatto negativo sulla stabilità dell’economia globale e delle catene di approvvigionamento». La Cina ha sempre voluto rimarcare che gli sforzi per raggiungere la pace tra Russia e Ucraina dovessero rappresentare il punto di partenza per la definizione di un nuovo ordine mondiale che allontanasse il pericolo di altre tragiche guerre.

Tutto ciò in attesa di capire fino a che punto Trump sia disposto a proseguire nella sua politica “sovranista” e “protezionistica”, che si pone in netta contrapposizione con lo scenario economico più volte rappresentato da Xi Jinping. Una visione di lungo periodo quella della Cina, che comincia a trovare sempre più proseliti nell’attuale contesto geopolitico.

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