In questo test elettorale delle Marche, assurto a significato politico nazionale e a test per il governo nonostante la modestia numerica del corpo elettorale, il primo elemento che salta all’occhio è l’ulteriore, pesante diminuzione dell’affluenza elettorale. Saremmo anche autorizzati ad usare la parola “crollo”, dal momento che rispetto alle regionali del 2020 il dato dell’affluenza è sceso di dieci punti, fermandosi un pelo sopra il 50 per cento. Come dire che un marchigiano su due è rimasto a casa, e non è certo un bel segnale.
Vince il centrodestra, perde (male) il campo largo. Il presidente uscente Francesco Acquaroli di Fratelli d’Italia stacca di sette-otto punti il piddino Matteo Ricci appoggiato da tutto il centrosinistra. Ricci partiva sfavorito ma Acquaroli in regione aveva fama di un governatore piuttosto incolore, criticato soprattutto sulla gestione della sanità, mentre il suo competitor di sinistra è da anni un campione di preferenze, sia come ex sindaco di Pesaro che come europarlamentare. Essendo queste le premesse, la conferma dell’uscente è ancora più significativa.
Tutti i leader nazionali si sono gettati a capofitto nella gara: Giorgia Meloni perché doveva difendere uno dei due governatori di FdI (l’altro è l’abruzzese Marco Marsilio) in una gara che si annunciava all’ultimo voto; Elly Schlein perché, convinta che le Marche – un tempo roccaforte “rossa” – fosse una preda contendibile voleva la conferma non solo del PD ma anche della sua strategia di alleanza con Conte e Fratoianni. Il risultato è che Meloni ha vinto sia come partito - primo con 27 per cento - sia come coalizione. Schlein ha perso, sia come partito (sceso al 20 per cento), sia come coalizione - sconfitta anche a causa degli scarsi risultati sia dei 5Stelle sia di AVS, entrambi intorno al 5 per cento – che dalle Marche avrebbe voluto iniziare una marcia, regione dopo regione, verso le politiche del 2027. Il sogno di una alternativa possibile al centrodestra di governo almeno per ora si è dissolto.
Ma perché Ricci ha perso? Lui dice: perché mi hanno buttato in mezzo ai piedi un avviso di garanzia e un’inchiesta dalla quale uscirò totalmente, perché il mio vero avversario era Giorgia e non Acquaroli, perché il governo ha promesso alla regione soldi, 60 milioni di finanziamenti, e favori (l’ingresso nella ZES unica). Ma il politico pesarese non si chiede, né lo fanno la Schlein e i suoi fedeli, se l’elettorato non abbia bocciato l’alleanza con Conte e Fratoianni, un raccordo che è apparso portare sempre più il PD verso una sinistra radicale sino al culmine del comizio finale il cui il candidato governatore Ricci sventolava la bandiera palestinese, schierandosi senza riserve con i manifestanti dello sciopero indetto da Landini. A parte che ad Ancona c’è una forte comunità ebraica, da sempre influente e politicamente attiva, è lecito mettere tra gli interrogativi se in quel dieci per cento di cittadini rimasti a casa non ci fossero tanti elettori di centrosinistra, per esempio dell’ interno e del Sud delle Marche tradizionalmente più moderati, che non condividono la sterzata a sinistra di Ricci e della Schlein con alleati che oltretutto hanno portato in dote pochi voti. E’ probabile che questo tipo di domande saranno poste alla segretaria dalla inquieta minoranza riformista del partito democratico.
Ultima annotazione sul centrodestra: se Meloni ride, Matteo Salvini vede scendere il consenso per la sua Lega mentre Antonio Tajani festeggia una Forza Italia in buona salute.
In Val d’Aosta successo dell’Unione Valdotaine e crescita del centrodestra.
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