Se anche il giappone diventa sovranista

Ormai tutto il mondo è paese: anche il Giappone segue il trend generale europeo e americano. La delusione verso i partiti tradizionali sta generando ovunque la radicalizzazione della politica.

Dalla “America first” a “Prima i giapponesi” il passo è stato breve; simili i contenuti della campagna elettorale. Il risultato finale: un terremoto politico.

Il Partito conservatore liberal-democratico (Pdl), al potere quasi costantemente dalla fine della Seconda guerra mondiale, ha perso insieme alla compagine di governo, il buddista Komeito, la maggioranza alla Camera alta - dopo un simile passo falso in ottobre alla Camera bassa, la più importate del Parlamento nipponico.

Cosa succederà adesso nel Paese del Sol levante non è chiaro. Il complesso periodo a livello internazionale non permette eccessive distrazioni interne. Donald Trump ha annunciato che Washington e Tokyo hanno raggiunto un accordo sui dazi, ponendoli al 15% di imposizione, e un’intesa su investimenti in Usa da 550 miliardi di dollari. Ma, conoscendo gli umori volubili del “tycoon”, è meglio non fidarsi.

Tornando alle consultazioni nipponiche, si raccolgono non pochi dati preziosi. Il primo è che gli elettori in fuga dal Pdl non sono approdati alle tradizionali compagini dell’opposizione (di destra e di sinistra), ma hanno ingrossato le file dell’estrema destra anti globalista di Sanseito, diventata ora la terza forza di opposizione. Il secondo dato è che alle urne sono state proprio le nuove generazioni ad assestare il colpo decisivo al premier Shigeru Ishiba e al suo partito.

I giovani sono stanchi di un Paese “vecchio”, economicamente in difficoltà, troppo esposto all’influenza cinese. In particolare, il tasso di inflazione è alto (il prezzo del riso è andato alle stelle), i salari sono fermi, gli scandali di corruzione costanti.

La debolezza dello yen ha poi ulteriormente aumentato la sensazione di declino. Il “Prima i giapponesi” e Sanseito sono nati su YouTube, quando i suoi ispiratori hanno iniziato a postare video contro le vaccinazioni e la cospirazione liberale che ha come obiettivo “fiaccare la forza morale e la cultura del Giappone”.

Nel 2022 il suo leader, Sohei Kamiya, ha pubblicato un pamphlet attaccando il capitale finanziario internazionale vicino agli ebrei il quale esagera le paure sulla pandemia. Quasi contemporaneamente sono stati presi di mira i migranti e la loro invasione silenziosa. In un Paese, omogeneo culturalmente ed etnicamente, che ha uno dei più elevati tassi di denatalità al mondo e uno dei più impressionanti tassi di longevità, i migranti rappresentano solo il 3% della popolazione. Un allarme più inventato, pertanto, non ci può essere.

Ma tant’è. Una domanda: in un futuro non tanto prossimo, dove il Giappone troverà la forza lavoro necessaria per la sua economia e per mantenere il suo stato sociale?

Due conclusioni. La prima è che, come ci insegna la storia, il proliferare di tutte queste compagini estremiste e nazionaliste è presagio di catastrofi planetarie.

Prima o poi i nazionalismi si scontrano. La seconda conclusione è che le democrazie - perso il monopolio sulla comunicazioni - si trovano davanti all’urgenza di intervenire sui disastri creati dall’informazione proveniente da Internet e dai social media, dove ormai si aggiorna la stragrande maggioranza della popolazione. Qui l’utente, quasi sempre senza competenze e senza i filtri dei professionisti, è alla mercé dei lupi, dei mistificatori e dei falsificatori. Più scuola? Più controlli? Adesso anche a Tokyo si sono accorti del problema.

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