Trionfo sul nazismo e menzogne sull’ucraina

L’Ucraina come propaggine del nazismo imperante in Europa: parola di Putin, che mette in guardia il mondo intero: «Non accetteremo mai le distorsioni dei fatti». Nazismo è una parolaccia: è un’etichetta che squalifica in modo irrimediabile un avversario politico. Definire nazista un paese, una nazione, un capo di governo, è così infamante che è diventato un espediente retorico molto usato nel confronto politico. Lo si usa per liquidare in un sol colpo la credibilità dell’avversario e, di riflesso, per dotare se stessi di un’aura di paladini della democrazia.

È quanto cerca di fare, dal momento stesso in cui ha lanciato la sua “operazione militare speciale” (non vuole chiamarla col suo vero nome, e cioè aggressione militare), l’aspirante zar di tutte le Russie (anche di quelle perse con il collasso dell’Urss). Non contento di mascherare la sua offensiva militare contro un paese confinante, in violazione di tutte le norme della convivenza internazionale, l’autocrate di Mosca ha pensato bene di conferire autorità morale indiscussa alla sua aggressione all’Ucraina. Il modo, lo abbiamo visto il 9 maggio in occasione dei festeggiamenti per l’80º della vittoria riportata sul nazismo: trasformando una semplice celebrazione in un permanente impegno della sua nazione a combattere il nazismo nel luogo in cui continuerebbe a esistere, ossia a Kiev. La capitale dell’Ucraina eletta ad avamposto nazista, ossia roccaforte dell’impero del male individuato nella civile, pacifica, democratica Europa.

La manipolazione del passato ad uso propagandistico risulta troppo sfacciata per non suscitare una sconcertante incredulità in ogni persona non accecata dalla partigianeria politica. Solo un’opinione pubblica, come purtroppo è quella russa, addomesticata da una stampa, da una rete di media, da una scuola di Stato asservite a un despota, può dare ascolto, e pare purtroppo anche credito, ad un’impostura di tale portata.

L’uso politico della storia non deve, di per sé, scandalizzare. Così fan tutti. Ogni regime, ogni partito, ogni fautore di un nuovo corso politico è portato a riscrivere il passato a suo uso e consumo. Mussolini, solo per fare un esempio altrettanto sfacciato, ha cercato nella romanità le pezze d’appoggio per accreditare la guerra di conquista dell’Etiopia come trionfale “riapparizione dell’impero sui colli fatali di Roma”. Per legittimare il presente, il passato costituisce un’ottimo trampolino di lancio. Cosa c’è di meglio per acquisire credibilità, prestigio, autorevolezza che vantare nobili avi o presentarsi come difensori di una nobile causa consacrata dall’eroismo di nostri padri? Basta non esagerare. C’è infatti un uso politico della storia (tollerabile) e c’è la manipolazione sfrontata del passato (inammissibile).

Lasciamo da parte le ragioni che hanno portato allo scatenamento dell’aggressione della Russia all‘Ucraina: questione molto controversa. Limitiamoci a valutare, sulla base dei dati di fatto, quale delle due nazioni - Russia e Ucraina, per traslato l’Europa occidentale - si avvicina maggiormente all’archetipo del nazismo. Abbiamo da una parte uno Stato in cui vige un regime politico dove, bene o male, rispettano i requisiti di una democrazia: pluralismo informativo, pluripartitismo, bilanciamento dei poteri, libere elezioni. Dall’altra, abbiamo scuola, media, Stato sottoposti alla volontà e all’arbitrio dell’uomo solo al comando, al potere da 25 anni senza limiti di tempo se non quello anagrafico. Oppositori consegnati alle patrie galere quando non liquidati da sicari con una dose di polonio (alla stregua del KGB, il servizio segreto dell’Urss, in cui non a caso Putin s’è fatto le ossa). Un’economia di guerra che destina una cifra impressionante agli armamenti. Una politica estera votata alla conquista manu militari di Stati e nazioni confinanti per ricostituire il proprio spazio vitale, il Lebensraum di hitleriana memoria. Sarebbe questo il novello paladino della lotta al nazismo che non c’è?

È proprio vero che, quanto più spudorata è la manipolazione che un regime attua della storia, tanto più fornisce la prova provata della sua natura dispotica.

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